La disortografia: caratteristiche
Per valutare gli errori nella scrittura bisogna addentrarsi nelle diagnosi di disortografia degli alunni e considerare le differenti tipologie di errori ortografici soprattutto in termini di persistenza o possibilità di recupero.
La disortografia si manifesta con difficoltà nei processi linguistici di transcodifica: frequenti errori grammaticali, ortografici e di punteggiatura, deficit nella composizione, nelle congiunzioni e/o nelle separazioni di parole o delle sue parti (L. 170/2010).
La specificità di questo disturbo tocca al cuore alcune delle competenze strumentali maggiormente utilizzate all’interno della scuola: la presa appunti personali in fase di acquisizione di informazioni, la stesura di testi espressivi in base a diversi registri letterari, le verifiche utili per la valutazione di apprendimenti disciplinari.
Le diagnosi di disortografia sono quasi triplicate negli ultimi 5 anni: sono passate da 36.964 nell’a.s. 2013/2014 a ben 92.134 nel 2017/2018; si situano al secondo posto in termini di incidenza dei DSA dopo la dislessia, con 177.212 unità, seguite dalla discalculia con 86.645 e infine dalla disgrafia con 79.261 (Miur, 2019).
Diverse tipologie di errore
La classificazione degli errori di scrittura nelle diagnosi di disortografia prevede la suddivisione in tre tipologie e precisamente:
- errori fonologici, comprendono scambi di grafemi (es. brina per prima), omissione o aggiunta di lettere, inversioni e grafemi inesatti (es. pese per pesce);
- errori non fonologici, come separazioni o fusioni illegali (es. par lo per parlo; oppure nonevero per non è vero); scambio di grafema omofono (es. squola per scuola) omissione o aggiunta di “h” (es. ha casa per a casa);
- altri errori costituiti da uso scorretto di accenti e doppie.
Di queste diverse tipologie la prima viene ricondotta a un inefficiente sviluppo della fase alfabetica; la corrispondenza fonema/grafema nella lingua italiana è abbastanza trasparente, ovvero generalmente a un fonema corrisponde un solo grafema, ma vi sono anche fonemi a cui ne corrispondono due o più (per esempio per /k/ si ha “c” come in cane e “q” come quando) e viceversa (il grafema “s” in slitta è /z/ fonema sonoro, mentre in sale è /s/, sordo).
La seconda è invece associata a un incompleto sviluppo delle due fasi successive: quella ortografica, in cui si fissano le eccezioni e si velocizza la scrittura operando su unità più complesse come sillabe o morfemi, e quella visivo-lessicale che permette di leggere/scrivere per unità intere. Quando il processo di scrittura passa attraverso tale via lessicale, la più economica, il soggetto fa riferimento a un magazzino “visivo” di termini; per identificare eventuali errori deve riattivare l’analisi metafonologica propria delle fasi precedenti (Cornoldi, Candela, 2015). La via lessicale non è percorribile di fronte alla prova di scrittura di “non-parole” (per esempio “stefra”), un tipo di test proposto appositamente nella valutazione clinica e riscontrabile a scuola quando lo studente scrive termini a lui sconosciuti: eventuali errori in questi scritti indicano deficit nell’abilità di analisi alfabetica e ortografica.
Infine, nel complesso processo di acquisizione delle competenze di scrittura gli alunni giungono più tardivamente a padroneggiare l’uso corretto di doppie e accenti; tali consapevolezze dipendono sia dalla via visivo-lessicale, sia dall’analisi fonologica. Per la prima è utile la memorizzazione di termini ad alta frequenza d’uso; per la seconda generalmente si opera in età precoce (Giovanardi Rossi, Malaguti, 2012).
A volte l’errore ortografico può essere dovuto non a problemi linguistico-fonologici, ma grafo-motori e in questo caso si parla di disgrafia (per esempio scrivere in corsivo una “o” invece di una “a”; Tressoldi, Cornoldi, Re, 2013).
Trattamenti efficaci per ridurre gli errori ortografici si sono rivelati gli interventi con istruzioni esplicite, la possibilità di esercizi ripetuti e con feedback immediato, oltre a programmi di videoscrittura con sintesi vocale. Tali interventi sono generalmente effettuati nei primi anni di scolarità e quindi precedenti alle scuole secondarie. Va precisato che i dati scientifici a disposizione sono insufficienti per tracciare un profilo completo dell’esito degli interventi a lungo termine (Tressoldi, Vio, 2012; Consensus Conference sui DSA – Istituto Superiore di Sanità – 2011).
Disortografia: evoluzione alle scuole secondarie e correzione dell’errore
Le difficoltà di transcodifica dell’alunno disortografico possono persistere anche alle scuole secondarie. In particolare, permane limitato l’accesso al lessico ortografico, ma si incrementa nel tempo la correttezza per le parole ad alta frequenza d’uso rispetto a quelle a bassa frequenza; in questo senso, quindi, un miglioramento è possibile anche se il quadro non è coincidente con quello degli studenti privi di tale disturbo (Guaraldi, Moretti Fantera, Pedroni, 2011). Ne consegue comunque che l’esposizione alla lettura di testi di qualità e un costante esercizio di scrittura sono le vie utili per realizzare tale frequenza, ma i carichi di lavoro vanno calibrati con i pesi che lo studente con DSA può portare; come noto, inoltre, lo strumento della videoscrittura può aiutare a migliorare la correttezza.
Gli errori del secondo tipo, i non fonologici, risultano quelli maggiormente persistenti, quindi non vanno penalizzati dal docente nella valutazione e, come la legge 170/2010 richiede, va privilegiato il contenuto alla forma.
Le carenze nei testi possono riguardare anche l’aspetto semantico poiché il recupero degli stessi in memoria può essere compromesso in studenti con DSA; il tempo aggiuntivo è uno degli strumenti compensativi utili a favorire questa funzione mnestica. Utile suggerire in fase valutativa termini più specifici e pregnanti con una gradualità attenta alle padronanze possedute, alle dimensioni motivazionali e alle ricadute emotive.
I paradigmi valutativi: positivismo e pragmatismo
Fatte salve le indicazioni normative già citate per i DSA, il paradigma di riferimento per l’agire valutativo del docente è importante per definire il quadro di azioni da intraprendere. Se l’impostazione è positivista, la valutazione viene intesa come misurazione del risultato/prodotto formativo da comparare con l’obiettivo progettato. Lo studente DSA/BES si vedrà facilmente penalizzato di fronte a tale prospettiva e, anche per la valutazione degli errori di scrittura, si rifugerà nelle tutele che la legge 170/2010 e/o i piani personalizzati gli possono garantire.
Nel paradigma pragmatista la logica è interattiva e valore è dato all’esperienza educativa e alla qualità delle interazioni. La valutazione assume funzione diagnostica e orientativa, attraverso un controllo atto a individuare i risultati non corrispondenti agli obiettivi prefissati, a cui segue una fase in cui l’insegnante organizza attività di recupero mirate (Galliani, 2015).
I paradigmi valutativi: il costruttivismo
Nel paradigma costruttivista la conoscenza è costruita da chi apprende, dagli strumenti culturali (simbolici e tecnologici) che sa usare, dai contesti che frequenta. Gli obiettivi di apprendimento si identificano come learning outcome da misurare con una valutazione personalizzata. Gli apprendimenti individuali e cooperativi vanno legati con le funzioni metacognitive, attraverso azioni continue, ricorsive, progressive, collaborative e negoziabili.
L’attenzione deve essere posta in particolare sulla consapevolezza dell’errore, che va segnalato, poiché un feedback puntuale, come la letteratura ci rimanda, risulta efficace e sull’automonitoraggio, sulle strategie da mettere in campo nei processi connessi e interattivi di insegnamento/apprendimento (Tressoldi, Vio, 2012).
Gli aspetti psicologici di cui tener conto nella correzione riguardano le ripercussioni sull’autostima: la forma delle correzioni stesse (come la quantità di segni rossi), l’impegno profuso dallo studente, la possibilità di inserire commenti alla valutazione, tesi a valorizzare le potenzialità degli allievi e dei loro scritti oltre che a segnalarne limiti e imperfezioni (Galliani, 2015; Guaraldi, Moretti Fantera, Pedroni, 2011).
In sintesi, la valutazione assume una funzione principalmente formativa, finalizzata alla motivazione e attenta ai processi di apprendimento degli studenti, mirata all’incremento di strategie di automonitoraggio e solo secondariamente sommativa, tesa alla rendicontazione e al controllo dei risultati raggiunti.
Una voce autorevole, come quella di Daniel Pennac, che nella narrazione autobiografica ripercorre, senza rinnegarli, gli errori ortografici commessi da studente con DSA, ci ricorda questa necessità. Beninteso, non tutti gli alunni diventeranno grandi autori, ma la didattica personalizzata e la valutazione formativa devono dare priorità alle potenzialità e alle aspirazioni personali, evidenziando l’errore senza penalizzare l’alunno.
Cara Mamma,
Ho visto anch’io i miei voti, sono demoralizato, non ce la faccio più, quando mi tocca studiare 2h di fila dopo le lezioni per prendere 0 in un compito di algebra che credevi andato bene cè da scoraggiarsi, allora ho lasciato perdere tutto per ricomminciare a prepararmi per le interrogazzioni e il mio voto basso in condotta spiega sicuramente il ripasso delle lezioni di geologia durante la lezzione di matematica.
Non sono abastanza intelligente e studioso per continuare la scuola. Non mi interessa, mi viene malditestaa stare rinchiuso tra i libri, non capisco niente di inglese, di algebra, facio schifo in ortografia, che cosa rimane?
(Pennac, Diario di scuola, p.12).