Entrare nell’officina di un autore è sempre un’esperienza avvincente e oltremodo istruttiva, che sviluppa enormemente, al di là dei contenuti materiali che vi s’imparano, la consapevolezza linguistica. Diversamente dal parlar quotidiano, di solito abbastanza elementare e approssimativo, poeti e scrittori non lasciano nulla al caso, neanche quando vorrebbero farcelo credere. Non per nulla, due autori come d’Annunzio e Pirandello, per il resto diversissimi tra loro, avevano la comune abitudine di annotare, nei loro Taccuini, termini particolari o vere e proprie liste di vocaboli, frutto di ricerche e spogli lessicali. Nell’opera letteraria il linguaggio raggiunge un massimo di coerenza geometrica e di claritas, diventando uno strumento docilissimo nelle mani dell’autore. Scoprire la logica selettiva e combinatoria che presiede alla creazione linguistica di un’opera assicura, perciò, un duplice beneficio: impadronirsi, da un lato, di certi ferri del mestiere e comprendere, dall’altro, la complessità e l’intenzionalità di ogni atto comunicativo.
Ma come si fa a estrarre da un testo letterario il suo codice genetico?
La critica stilistica e la filologia d’autore ci suggeriscono alcune tecniche che possono trovare utile applicazione in ambito didattico. La più semplice è quella delle ricerche lessicali, per la quale, fra l’altro, ci si può avvalere, ormai, di comodissimi supporti informatici in grado di elaborare un testo, fornendocene le concordanze e le liste di frequenza.
Esempi pratici
Immaginiamo, per esempio, di compiere una ricognizione sul linguaggio “post-grammaticale” di Giovanni Pascoli, nel solco del memorabile studio di Gianfranco Contini: come banco di prova potremmo scegliere qualche testo dei Poemetti (Primi o Nuovi a piacere: si prestano quasi tutti magnificamente), isolando tre distinte categorie lessicali:
• i termini settoriali (sostantivi e verbi) riconducibili ai lavori agricoli;
• le voci dialettali garfagnine (di cui lo stesso Pascoli redige un elenco in un’apposita Nota dei Nuovi poemetti);
• i vocaboli aulici, di ascendenza classica o costruiti su modelli antichi o impiegati in accezione etimologica.
Il docente inviterà gli studenti innanzitutto a individuare le tre categorie lessicali, chiedendo di concentrarsi su tutti i termini che scartano rispetto a quelli d’uso comune, immediatamente comprensibili, e di tenere conto del testo di Contini che avrà loro fornito, anche passim.
Lo studente, a partire da questo spoglio lessicale, potrà trarne, sul piano letterario, le opportune deduzioni in merito alla celebrazione pascoliana del mondo georgico, a partire dal paulo maiora dell’epigrafe; ma intanto avrà arricchito il suo bagaglio verbale e soprattutto avrà capito che ogni lingua è estremamente composita, che esistono diversi registri stilistici, che per calarsi proficuamente in un ambiente bisogna conoscerne la lingua e che si conosce una determinata lingua settoriale solo quando se ne possiedono i termini tecnici.
Si potrebbe ripetere l’esperimento, in maniera altrettanto redditizia, su un capitolo della Chiave a stella di Primo Levi (per esempio Clausura), alla ricerca di:
• tecnicismi e dialettismi;
• espressioni e modalità tipiche del parlato, dipendenti dall’impianto affabulatorio della finzione narrativa.
O ancora, una messe copiosissima di acquisizioni potrebbe venire da un’analisi linguistica di un’opera gaddiana tipo L’Adalgisa, per la quale, comprensibilmente, occorrerebbe predisporre qualche griglia in più, dovendo fare i conti con una lingua enciclopedica.