Obiettivo di queste quattro fasi è far in modo che lo studente:
• affronti un compito preliminarmente immaginando l’obiettivo che intende raggiungere e come procedere per raggiungerlo;
• durante l’esecuzione del compito, sia in grado di autoistruirsi rispetto a cosa fare e di monitorare l’andamento della sua prestazione e i risultati per poter eventualmente modificare la strategia (problem solving);
• sappia confrontare tali risultati con le aspettative per poter prefigurare strategie per un nuovo compito (sia confermando le azioni sia correggendole se non è soddisfatto);
• infine, sappia valutare anche emotivamente lo svolgimento del compito con l’obiettivo di focalizzare sempre più sul Locus of control interno e a motivarsi per il futuro potenziando anche il senso di autoefficacia, l’autostima e sviluppando la resilienza per eventuali fallimenti.
La didattica metacognitiva e il ruolo del docente
Tutte queste riflessioni sul potenziamento metacognitivo vanno accompagnate da una riflessione fondamentale sul ruolo del docente in classe. Essa, infatti, va considerata come un sistema in parte interdipendente, in cui le scelte didattiche contribuiscono a condizionare il modo di apprendere e di relazionarsi (per approfondimenti cfr. Caon 2008, 2016).
C’è quindi un fattore che incide sulle aspettative, sulle tipologie di attività glottodidattiche e sui modelli comportamentali e che spesso non viene considerato in modo approfondito: lo stile di insegnamento del docente.
Mariani (2003) sostiene che in un’ottica di sistema interdipendente «non è possibile considerare le differenze individuali esclusivamente come "problema privato" di chi impara: si dimenticherebbe che anche chi insegna è portatore di differenze individuali». La classe è quindi un «quadro socioculturale nei confronti del quale le persone sviluppano reazioni, più o meno efficaci e produttive, di adattamento ed evoluzione continui. In altre parole, gli "stili" sono socialmente, culturalmente e istituzionalmente connotati».
Autori di ambito psicologico e psicopedagogico (tra cui Gardner 1983; Sternberg 1997; Cornoldi 1995; Mariani, Pozzo 2002) sostengono che molte delle difficoltà degli studenti nell’apprendimento possono essere causate proprio dalla diversità tra lo stile d’insegnamento del docente e quelli d’apprendimento degli studenti e dalla tendenza di studenti e insegnanti a confondere la non corrispondenza degli stili con il mancato sviluppo di abilità.
La conseguenza di questo “equivoco” è spesso la percezione da parte degli studenti di inadeguatezza rispetto ai compiti assegnati o, più in generale, rispetto alla disciplina che può agire in modo negativo sull’autostima, sulla relazione con il docente e sulla motivazione allo studio (su quest’ultimo aspetto cfr. i contributi di chi scrive nel precedente numero di Folio.net La motivazione: una prospettiva didattica >>). In classe, ovviamente, è il docente che tiene le fila della relazione pedagogica e della costruzione di un ambiente di apprendimento improntato all’inclusione. Infatti, come ricorda Mariani (2006), «la dinamica del processo di insegnamento/apprendimento [passa attraverso] un aggiustamento continuo, la ricerca di un continuo equilibrio tra adattare i compiti allo studente e far adattare lo studente ai compiti».
La prima strada implica la necessità, da parte dell'insegnante, di assicurare varietà e flessibilità nelle sue proposte. La seconda strada implica invece uno sforzo di sviluppo di opportune strategie da parte dello studente – in altre parole, un rafforzamento della flessibilità dello studente.
Stili di insegnamento e apprendimento: alcuni suggerimenti
In una caratterizzazione metacognitiva, l’insegnante, dopo aver preso consapevolezza del proprio stile di insegnamento grazie ad alcune domande guida che indaghino diversi aspetti del suo agire – per esempio “quali valori promuove con il proprio modo di fare scuola”, “qual è la sua idea di apprendimento”, “quanto conta il feedback degli studenti”, “che ruolo ha l’interazione con gli studenti e tra gli studenti”, “che stile di apprendimento privilegia”) – potrebbe:
• rendere esplicite le conoscenze, le abilità, le competenze che, a suo avviso possono essere messe in atto per favorire il processo di apprendimento;
• recuperare, esplicitandolo, il percorso didattico compiuto e da compiere;
• far valutare il percorso dagli studenti negli aspetti affettivo-motivazionali, relazionali, contenutistici, procedurali.
Gli studenti, dal canto loro, potrebbero frequentemente ripensare in chiave metacognitiva al percorso didattico valutandolo dal punto di vista:
• contenutistico: cosa ho imparato;
• procedurale: come ho imparato;
• metaemotivo e motivazionale: come mi son sentito mentre svolgevo l’attività, cosa mi è piaciuto, cosa non mi è piaciuto e perché;
• metacognitivo: perché ho imparato o non ho imparato quei contenuti specifici, come preferisco imparare.
La dimensione olistica dell’apprendimento
In conclusione di questo nostro contributo, vorremmo riportare l’attenzione alla dimensione olistica (cognitiva, relazionale, affettiva, emotiva e (inter)culturale) del processo di apprendimento della lingua italiana.
Ricordiamo sempre che le varie categorizzazioni e schematizzazioni operate per chiarezza esplicativa, rappresentano una “forzatura” rispetto alla natura complessa e interdipendente dei processi innescati. L’azione didattica, quindi, dovrebbe essere sempre connotata da attenzioni alle varie dimensioni dell’io intra- ed inter- soggettivo e pensata in un’ottica sistemica ed ecologica. Concependo la classe come un sistema (cfr. Caon 2008; Brichese, Caon, Rutka, Spaliviero 2019) ogni dimensione è legata ad altre da un rapporto di interdipendenza che può essere positivo o negativo: al modificarsi di una dimensione, necessariamente se ne modificano altre.
Considerato il fatto che la capacità metacognitiva è frutto di un’educazione e anche di un’istruzione, riteniamo che vada quindi promossa una didattica metacognitiva fin dall’inizio di un qualsiasi percorso scolastico.
La consapevolezza del proprio stile di apprendimento (cfr. Caon 2008), delle proprie strategie e della loro efficacia, nonché il controllo dei processi, può quindi avere dei risultati positivi, oltreché sulla sfera cognitiva e metacognitiva, anche sul senso di autoefficacia, sull’autostima (fattori emotivi) e sulla motivazione allo studio (fattori affettivi), creando un circolo virtuoso tra le varie dimensioni interne all’apprendente.
Tali miglioramenti, poi, ricadono potenzialmente anche sulle relazioni e quindi sul clima della classe (fattori socio-relazionali) e sulla promozione di valori quali la cooperazione e l’aiuto reciproco.
In questo senso crediamo che la didattica metacognitiva, pur essendo eminentemente centrata sul dialogo interiore dello studente, possa realizzare gli obiettivi statutari della scuola, ovvero contribuire alla formazione della persona (dimensione intrapersonale) ma anche del cittadino (dimensione interpersonale).
Le attività didattiche
Decliniamo ora le riflessioni appena presentate in proposte didattiche da proporre in classe. Come già ricordato per le attività proposte nel precedente numero di Folio.net sulla motivazione (Per una letteratura motivante: dalla teoria alla pratica >>), non esiste l’attività “perfetta”, perché ogni classe è composta da individui con caratteristiche proprie e il nostro modo di comunicare non è “universale”, ma si adatta e cambia costantemente. Il valore delle nostre proposte operative sta, quindi, nella coerenza tra principi teorici e pratiche didattiche.
Gli allegati qui sotto, incentrati sui principali aspetti del tema “consapevolezza” – La lingua che si usa (tra cui gli aspetti morfosintattici, pragmatici, sociolinguistici, culturali ecc.); La didattica metacognitiva; L’approccio ermeneutico alla didattica della letteratura – presentano un cappello introduttivo che ne spiega la chiave didattica e propongono due attività connesse al tema, una per la Scuola secondaria di primo grado e una per quella di secondo grado.
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