Strategie machiavelliane per la didattica della letteratura

Come motivare alla letteratura? La parola a studentesse e studenti

IDEE PER INSEGNARE – II GRADO

Perché è importante studiare la letteratura? E come motivare i giovani allo studio dei testi letterari? Abbiamo rivolto queste domande direttamente a studentesse e studenti: chi meglio di loro può saperlo?

di Roberto Favatà

Tra gli obiettivi principali che ogni insegnante di Italiano si prefigge c’è sicuramente quello di far appassionare i giovani allo studio dei testi letterari e i mezzi attraverso cui egli tenta di raggiungere tale fine consistono soprattutto in quegli accorgimenti metodologici e in quegli strumenti didattici che sono in grado di accrescere la motivazione di studentesse e studenti. Volendo indagare questi aspetti legati alla professione docente, ho deciso di seguire l’esempio di Machiavelli, secondo cui è «più conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa che alla immaginazione di essa» (Il Principe, cap. XV). Per questo motivo ho evitato di formulare ipotesi astratte basate sulle varie teorie dell’apprendimento e ho svolto invece una piccola indagine tra i veri protagonisti della vita scolastica. Le righe che seguono costituiscono infatti il resoconto delle riflessioni scritte di oltre quaranta studenti che frequentano il triennio del liceo scientifico, ai quali ho rivolto le seguenti domande:

  • È importante studiare la letteratura? Perché?
  • Come si può accrescere la motivazione dei giovani nei confronti dello studio dei testi letterari?

È importante studiare la letteratura?

Alla prima domanda, com’era prevedibile, quasi tutti gli studenti da me interpellati hanno risposto di sì. Del resto, quest’anno nei primi mesi di attività in aula ho dedicato numerosi momenti di lezione a discutere con loro della straordinaria bellezza della letteratura, della sua capacità di sviluppare lo spirito critico e di affinare la nostra sensibilità, perciò ritengo probabile che molti di essi abbiano scritto – più o meno consapevolmente – ciò che credevano che mi avrebbe fatto piacere leggere. Nonostante ciò, confido nell’attendibilità di numerose risposte, non tanto perché io abbia chiesto ai ragazzi e alle ragazze di essere il più possibile sinceri, ma piuttosto perché alcuni degli elaborati che mi sono stati consegnati non contengono soltanto luoghi comuni e frasi fatte, e neppure riproducono i concetti esaminati insieme durante le lezioni, ma propongono idee e opinioni che, proprio perché espresse in modo talora un po’ grezzo o approssimativo, rivelano di essere fondate su una riflessione genuina e personale.

Qual è la funzione della letteratura?

Analizzando poi le risposte degli studenti alla seconda parte della prima domanda, che chiedeva di spiegare per quale motivo la letteratura sia importante, sono emerse diverse opinioni. Tra le più frequenti spiccano, per esempio, quelle secondo cui leggere romanzi e poesie serva per:

  • conoscere l’evoluzione della cultura, del gusto e dei costumi o, usando le parole dei ragazzi, «comprendere la mentalità di persone che sono vissute molto tempo prima di noi», «aiutarci a capire chi siamo in base a chi siamo stati», ma anche «capire per quale motivo certe opere siano state tramandate fino ai giorni nostri»;
  • arricchire la nostra esperienza della realtà, cioè «capire in che mondo viviamo», «considerare le cose sotto punti di vista diversi» o, con espressioni un po’ stereotipate, ma comunque efficaci, «aprire la mente», «ampliare gli orizzonti»;
  • conoscere meglio sé stessi e «accompagnare il nostro percorso di crescita», «trovando risposte a domande che altrimenti non avremmo potuto fare a nessuno»;
  • condividere le emozioni, «sfogare il dolore, la rabbia, l’amore», «immedesimarsi nei personaggi e vivere le loro vicende con coinvolgimento».

Molti studenti hanno sottolineato anche il fatto che attraverso lo studio dei testi letterari si può raggiungere un altro risultato fondamentale, quello di arricchire il linguaggio e di potenziare le competenze comunicative. Nei loro elaborati hanno insistito spesso sul fatto che la lettura abbia la funzione di «espandere il bagaglio lessicale», «migliorare le capacità espressive», «farci conoscere l’origine delle parole» (anche se per quest’ultimo obiettivo occorrerà far intervenire una specifica volontà di approfondimento ulteriore da parte del lettore).

Altre risposte interessanti

Più rare, ma non del tutto assenti, sono state le risposte riferite alle funzioni della letteratura delle quali si è parlato più volte in aula durante le lezioni, come:

  • favorire l’acquisizione di uno spirito critico («imparare ad avere pensieri liberi e anticonformistici», «formare un cittadino responsabile, cosciente di ciò che accade nel mondo e che abbia un’opinione propria»);
  • affinare la propria sensibilità personale («imparare a comprendere gli altri e a essere più empatici», «essere più comprensivi e tolleranti verso il prossimo», «saper accogliere gli altri, senza pregiudizi e senza tener conto delle differenze»).

Meno prevedibili sono poi alcune considerazioni formulate dalle ragazze e dai ragazzi che si sono dichiarati attratti dalle materie umanistiche. In un paio di elaborati si legge, per esempio, che lo studio dei testi letterari è importante perché consente di conoscere l’evoluzione storica della lingua italiana, di sapere «come si esprimevano gli scrittori dei secoli passati», «come cambia la forma delle parole», «come certi termini cambiano significato oppure escono dall’uso».
Altri studenti si sono concentrati invece sulla specificità della materia rispetto alle altre discipline che compongono il curricolo del liceo scientifico: dal loro punto di vista lo studio della letteratura «consente di riflettere su temi molto diversi da quelli delle materie scientifiche», «porta il pensiero su territori meno aridi rispetto alla scienza», «fornisce conoscenze e una visione della realtà in una prospettiva completamente diversa rispetto a quella delle materie scientifiche».

Come favorire la motivazione di studentesse e studenti?

Nella seconda parte dei loro scritti gli studenti mi hanno elargito poi alcuni suggerimenti per promuovere con successo lo studio dei testi letterari. Le risposte sono state molto interessanti e hanno coinvolto diversi ambiti.

  1. La scelta dei testi
    Dalle loro parole, a mio parere, non emerge mai un rifiuto pregiudiziale nei confronti della materia, ma si coglie spesso una sorta di diffidenza verso un compito (mi riferisco alla lettura, all’analisi e all’interpretazione dei testi) che viene percepito come troppo impegnativo e, per certi aspetti, frustrante. Molti ragazzi, infatti, ritengono che la difficoltà delle opere letterarie, sul piano formale e concettuale, costituisca in certi casi un ostacolo insuperabile, e consigliano perciò di «evitare testi troppo lunghi da analizzare o scritti in modo troppo difficile», in particolare quelli «degli autori troppo lontani nel tempo, che a volte sono incomprensibili». Dal loro punto di vista sarebbe meglio «concedere maggiore spazio agli autori contemporanei», che scrivono in una lingua più facilmente decifrabile, oppure di «proporre la lettura di opere più vicine alla vita e ai gusti degli adolescenti». Qualche studente, tuttavia, afferma di essere del parere opposto e ritiene che «sarebbe opportuno non sottovalutare le potenzialità dei giovani, che vanno semplicemente spronati, affinché non pensino che [lo studio della letteratura] sia qualcosa di troppo difficile per loro».
  2. Valutazione e confronto
    Tra i consigli più frequenti in cui mi sono imbattuto c’è poi quello di limitare il più possibile il peso delle valutazioni, sostituendo le verifiche e le interrogazioni con momenti di libero confronto, durante i quali ci si possa «interrogare insieme sul significato dei testi e trovare più interpretazioni personali diverse». Non mi soffermo qui sulla richiesta di ridurre il ruolo della valutazione nella didattica, perché l’argomento ci porterebbe inesorabilmente lontani dal cuore della questione che si sta trattando, ma vorrei concentrarmi piuttosto su ciò che ha scritto una studentessa: «ritengo molto motivante il confronto e la discussione con i compagni e spesso, se un argomento trattato in classe mi coinvolge, ne parlo anche a casa e con gli amici». Considero, infatti, estremamente positivo il fatto che l’esperienza scolastica possa promuovere in alcuni giovani il desiderio di diventare a loro volta strumenti di divulgazione culturale.
  3. Dialogo tra passato, presente e futuro
    Per infondere una passione autentica nei confronti della letteratura i miei studenti suggeriscono inoltre di mostrare l’attualità dei testi del passato, allo scopo di «far capire quanto gli scrittori antichi siano vicini ai nostri pensieri e che i problemi di cui loro scrivevano sono gli stessi che noi affrontiamo quotidianamente». Mi hanno colpito in particolare le parole di un ragazzo, che ha parlato esplicitamente di «instaurare un dialogo con i classici», riportando alla mia memoria la celebre lettera a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513, nella quale Machiavelli confessa: «entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro, e domandoli della ragione delle loro actioni, e quelli per loro humanità mi rispondono». Forse, dunque, questo sentimento di riconoscenza, di rispetto e di affetto – o anche solo di curiosità – nei confronti dei grandi autori del passato non è del tutto estinto nelle nuove generazioni.
  4. Le qualità dell’insegnante
    Secondo i ragazzi, inoltre, quando si parla di motivazione allo studio, è fondamentale tener conto anche del ruolo dell’insegnante; quest’ultimo, per riuscire a infondere la passione nei confronti della materia che insegna, deve possedere una competenza indispensabile, che consiste nel «saper coinvolgere gli alunni», «rendendo il più possibile interattive e interessanti le lezioni», «facendo riferimento alla propria esperienza e a quella degli studenti», «facendo leva sullo stato d’animo degli studenti e trasmettendo loro emozioni forti». Anche su questi suggerimenti ci sarebbe molto da riflettere e discutere, ma credo che sarebbe un errore non prendere in considerazione l’opinione dei giovani, poiché se è vero che, come sostiene Machiavelli nella dedica del Principe, «a conoscere bene la natura de’ populi bisogna essere principe, e a conoscere bene quella de’ principi bisogna essere populare», similmente per conoscere la “natura degli insegnanti” bisogna essere studenti.
  5. Tecnologia e didattica innovativa
    Continuando nella nostra rassegna, mi sembra importante evidenziare che molti ragazzi raccomandano l’introduzione di metodologie e strumenti innovativi. Sulla maggior parte delle proposte (come l’apprendimento cooperativo, l’educazione tra pari, la classe rovesciata, l’approccio laboratoriale, il dibattito, le risorse video, le piattaforme digitali ecc.) ritengo che non sia il caso di soffermarsi, perché fanno ormai parte del bagaglio di conoscenze dei docenti che cercano di tenersi al passo con i tempi, dedicando tempo ed energie all’aggiornamento professionale.
    Tuttavia, leggendo lo scritto di una mia studentessa, ho scoperto una nuova frontiera della didattica di cui ancora non mi era giunta notizia. Si tratta dei cosiddetti “assistenti virtuali”, sistemi di intelligenza artificiale in grado di comprendere le richieste dell’utente e di generare delle risposte adeguate estraendo informazioni da una collezione di frasi e testi precedentemente selezionati e immessi dal programmatore. In realtà questa tecnologia è ormai ben nota quasi a tutti, perché è contenuta in molti smartphone per consentire di effettuare alcune operazioni (come inviare un messaggio o una telefonata, impostare una sveglia, segnare un evento sul calendario e molto altro) soltanto attraverso comandi vocali, senza toccare lo schermo. Però forse pochi sanno che alcuni ricercatori italiani hanno impiegato software di tal genere per permettere agli studenti di dialogare con un autore del canone letterario o con il protagonista di un’opera narrativa. È la cosiddetta “didattica conversazionale” (si veda A. Iannella, “Ok Google, vorrei parlare con la poetessa Saffo”: intelligenza artificiale, assistenti virtuali e didattica della letteratura, in “Thamyris”, n. s. 10, 2019, pp. 81-104), che chiunque può facilmente sperimentare (o, piuttosto, far sperimentare ai ragazzi) attraverso l’impiego di piattaforme gratuite disponibili in rete.
  6. Confronti e collegamenti
    Infine, tra i consigli più prevedibili che emergono dagli elaborati dei miei studenti vorrei segnalare quello di «evitare le spiegazioni troppo dettagliate, soprattutto sulle vicende biografiche degli autori», mentre tra i più inaspettati spiccano soprattutto quello di «concedere maggiore attenzione agli aspetti linguistici e formali» e quello di «proporre confronti tra gli autori o tra le opere, per trovare analogie e differenze». Soltanto uno studente si dichiara contrario all’impostazione storica dell’insegnamento letterario e afferma che «sarebbe interessante proporre dei percorsi tematici, che attraversino le varie epoche e tocchino i diversi generi letterari, magari anche dedicando maggior attenzione ai rapporti tra letteratura e scienza».

Osservazioni conclusive (e personali)

Al termine di questo piccolo repertorio di opinioni e di suggerimenti, credo che non mi resti granché da aggiungere. Condivido, infatti, la maggior parte delle affermazioni degli studenti a proposito delle funzioni della letteratura, anche se, a mio avviso, ce n’è una che racchiude in sé quasi tutte le altre. Mi riferisco all’acquisizione dello spirito critico, che costituisce l’obiettivo prioritario del mio impegno professionale, nonché il criterio fondamentale in base al quale ritengo che sia opportuno compiere tutte le scelte didattiche, sia quelle che riguardano i contenuti, gli strumenti e le modalità di valutazione, sia quelle che hanno a che fare con le sperimentazioni metodologiche e le eventuali attività extracurricolari.
Considerando invece ciò che i ragazzi hanno scritto in merito alle strategie per accrescere la motivazione nei confronti dello studio della materia, penso che la migliore – o forse soltanto quella che corrisponde maggiormente al mio personale modo di intendere la letteratura e il mestiere di docente – sia quella di mostrare l’inesauribile vitalità dei testi del passato, la loro capacità di stabilire una connessione profonda con i lettori di ogni epoca, esprimendo valori di tipo universale per mezzo di soluzioni formali adeguate.
Nella mia esperienza di insegnamento non esiste modo più efficace per ridurre quel senso di distanza e di estraneità che gli studenti percepiscono nei confronti dei testi letterari, soprattutto di quelli poetici. Certamente non è facile far emergere l’attualità delle grandi opere senza correre il rischio della banalizzazione, del fraintendimento o dell’appiattimento temporale, ma credo che tutti gli sforzi impiegati in aula dal docente nel tentativo di salvaguardare la complessità dei fenomeni culturali ricevano una qualche forma di riconoscimento da parte degli studenti e siano dunque ampiamente ripagati.

Referenze iconografiche: Mary Long / Shutterstock

 

Roberto Favatà è docente di Italiano e Storia presso l’Istituto Tecnico Statale “E. Majorana” di Grugliasco (TO), autore di contenuti per manuali scolastici di Letteratura italiana.

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