Le pratiche teatrali nella scuola
L'approccio teatrale alla conoscenza è riferibile alle recenti acquisizioni della pedagogia poiché in grado di rispondere a innumerevoli esigenze dei soggetti in formazione ed è argomento di innovative e sperimentali ricerche1. Note sono ormai le ricadute positive dell’esperienza teatrale in contesto scolastico, frutto degli sviluppi e dell’incontro fra teorie e prassi drammatiche e pedagogiche. Si tratta di un variegato insieme di esperienze artistiche e formative che rientrano nel cosiddetto teatro sociale, le cui radici in Italia affondano nelle avanguardie degli anni Sessanta e Settanta del Novecento e in tutti quei moti culturali - veri e propri terremoti, a volte - che hanno spinto il teatro a penetrare nel tessuto sociale e nelle istituzioni2: scuole, piazze, periferie, carceri, ospedali. Genericamente nei luoghi di cura, di educazione, di incontro umano. Claudio Bernardi, fra i massimi esperti in Italia dell’argomento, definisce il teatro sociale «espressione, formazione, interazione di persone, gruppi, comunità»3, in cui fondamentale è il processo rispetto al prodotto, l’evoluzione umana e civile dell’individuo e del gruppo sociale coinvolto.
Il teatro è entrato nelle scuole da alcuni decenni, ma purtroppo non ancora in forma istituzionalizzata. Vi è entrato non soltanto come rappresentazione (con l’obiettivo di produrre uno spettacolo da mostrare o a cui assistere), ma anche come azione, gioco e performance che coinvolge la comunità scolastica con la finalità di sviluppare competenze trasversali - le cosiddette life skills e soft skills - e di favorire un’educazione che unisca lo sviluppo mentale a quello corporeo mediante una personalizzazione del processo di apprendimento.
Il docente può servirsi di metodologie teatrali per proporre attività didattiche di tipo laboratoriale relative sia a specifici argomenti del programma curricolare sia a tematiche attinenti l’Educazione civica. Le tipologie di esercizi a cui fare riferimento sono molteplici: drammatizzazioni, attività di role-playing, attività corporee e di composizione fisico-spaziale, improvvisazione, narrazione, lettura espressiva. L’utilizzo del linguaggio teatrale, che spontaneamente rompe gli schemi noti della lezione frontale e del setting tradizionale dell’aula scolastica, facilita il coinvolgimento diretto degli studenti chiamati a mettersi in gioco in forma attiva, mentalmente e fisicamente. L’“entrata in scena” favorisce un’acquisizione non meramente intellettiva, bensì esperienziale ed emotiva, che agisce positivamente sull’intero gruppo e in particolare sugli allievi la cui intelligenza è meno razionale e astratta e dunque maggiormente stimolata da canali emotivi e sensoriali. Inoltre, da non sottovalutare nel contesto scolastico contemporaneo sono le possibilità insite nella teatralità di comunicare anche tramite linguaggi non verbali, dando l’occasione di sperimentare forme “altre” di relazione per soggetti fragili dal punto di vista linguistico o psicologico.
In una scuola in cui viene dato sempre più spazio al “fare”, l’applicazione del teatro può allora costituire un utile ausilio all’insegnamento, soprattutto se gli alunni vengono abituati a esprimersi in tal senso grazie alla partecipazione a un laboratorio teatrale guidato da un esperto o al ricorso da parte del docente ad analoghe metodologie.
Educazione civica e teatro
La recente legge che introduce in forma rinnovata l’insegnamento dell’Educazione civica esplicita la connessione necessaria tra scuola e società, tra scuola e mondo del futuro4. Nelle linee guida la scuola viene individuata come luogo dove allenarsi al vivere civile, costruire e fare propri i valori positivi di pace, giustizia, legalità, comprendendo l’importanza della partecipazione individuale alla vita collettiva.
Visioni e parole che innescano ideali corrispondenze con la storia delle arti teatrali.
Il teatro nasce infatti come luogo in cui si vede e ci si vede, uno specchio nel quale la città - la polis - riflette e recita se stessa. Arte sociale e collettiva per eccellenza, come la intendeva Giuseppe Mazzini, il teatro ha sin dalle sue origini il compito di agire sulla comunità: scuoterla, metterla in discussione, crearla e ri-crearla.
Il teatro sociale e di comunità e le innumerevoli matrici da cui nasce5 portano, dal secondo Novecento a oggi, alle estreme conseguenze il senso collettivo dell’agire drammatico, ponendosi come laboratori di azione sociale, rituale, artistica e politica. Il teatro può aiutare a imparare a vivere insieme, a conoscersi, a partecipare. Perché, come ha scritto Eugenio Barba, «Si diceva, più d’un secolo fa, che il teatro non aveva più una funzione e che - lo sapesse o no - era ormai defunto. Ma il teatro non lo sapeva e continuò a vivere. Si disseminò come ricettacolo e cultura di valori rari, come strumento di libertà e di salute, persino come terapia. Inventò mille nuovi usi e li praticò. Si fece strumento delle più potenti illusioni vitali: non solo arte e cultura, ma anche salute e guarigione, emancipazione e libertà, fratellanza e solidarietà»6. Ed educazione, potremmo aggiungere.
Queste frammentate suggestioni spingono a riflettere sui molti modi possibili in cui mettere in pratica la richiesta a cui oggi la scuola è direttamente chiamata a rispondere: formare cittadini consapevoli delle contraddizioni e delle sfide della società contemporanea e capaci di impegnarsi attivamente per il bene comune.
Laboratori didattici
Proponiamo di seguito due laboratori teatrali su tematiche legate all’insegnamento dell’Educazione civica, rivolte alle classi della Scuola secondaria di primo e secondo grado.
Le attività possono essere condotte dal docente - e non necessariamente da un esperto -, si possono sperimentare anche con gruppi classe privi di una pregressa esperienza teatrale e non richiedono un contatto fisico troppo stringente.
Indicazioni preliminari
• Il docente cambia ruolo e diviene conduttore: è fondamentale che fra docente e classe vi sia un rapporto di fiducia reciproca.
• Il conduttore ha il compito di guidare ogni esercizio: espone le regole; fornisce spunti generali in corso d’opera; evita il più possibile di eccedere con le indicazioni esecutive ad personam, evita il giudizio. L’attitudine di partecipe attesa e rispettosa attenzione del conduttore porterà certamente a scoprire aspetti nuovi e risorse inaspettate nei suoi stessi allievi.
• Il conduttore accoglie le differenze nei tempi di risposta e immersione nelle attività degli studenti, spronando a partecipare senza forzare eccessivamente.
• Il conduttore rompe l’usuale setting formativo e ne crea uno diverso, in aula o fuori dall’aula, adeguato all’attività teatrale. È necessario creare una porzione di spazio vuoto, che diviene lo spazio in cui gli studenti agiscono teatralmente.
• Il miglior assetto spaziale di inizio e conclusione è il cerchio, seduti sulle sedie, per terra o in piedi: nel cerchio si è tutti uguali, ne fanno parte il conduttore e i partecipanti.
• L’atteggiamento di accoglienza, attenzione e assenza di giudizio è il patto iniziale che tutti i partecipanti devono idealmente sottoscrivere.
Percorso 1 – Essere nello spazio: identità e origini
Durata: 3 ore
Il seguente percorso si serve di tecniche teatrali diverse tra loro (movimento, narrazione, immersione emotiva) per affrontare aspetti differenti di un medesimo macrotema. La sequenza degli esercizi non è casuale ma basata su un evolvere della complessità di partecipazione richiesta.
Cerchio di inizio
In cerchio, in piedi, ci si osserva e ci si guarda negli occhi, sorridendo. Quando il conduttore ritiene sia stato raggiunto un atteggiamento positivo nei partecipanti chiede di cercare una postura aperta e rilassata. Successivamente si chiudono gli occhi e si ascolta per qualche secondo il proprio respiro naturale e il respiro del gruppo. Al segnale del conduttore, si aprono gli occhi e ci si osserva nuovamente. Questo nuovo sguardo implica che si è pronti a iniziare.
Io sono
Ognuno dei partecipanti si presenta ai compagni con il proprio nome + una metafora o similitudine che racconti qualcosa di sé. Ad esempio: Io sono Chiara e sono un’aquila pronta a librarsi in volo …
Il mio/il nostro spazio
I partecipanti vengono invitati a esplorare fisicamente lo spazio circostante, che sarà uno spazio noto (l’aula della classe o un’aula della scuola) da riscoprire: esplorare lo spazio significa percorrerlo in ogni direzione, guardare, toccare. Tutti si alzano contemporaneamente al segnale del conduttore: la prima azione comporta l’entrata nello spazio; poi si ha un tempo per l’esplorazione; infine, un tempo per l’uscita dallo spazio e il ritorno alla posizione seduta. L’esercizio può essere accompagnato da una musica brillante o rilassante, in base a ciò che il conduttore ritiene sia utile per il gruppo.
Uno spazio nuovo
Si ripete l’esercizio precedente ma il conduttore fornisce al gruppo la seguente indicazione: lo spazio in cui si entra, che si esplora e da cui si esce, è uno spazio nuovo, sconosciuto.
Il conduttore ad alta voce guida l’esercizio ponendo le seguenti domande e lasciando per ognuna un tempo di elaborazione fisica e mentale: come entro in questo spazio? Come reagisce il corpo? Che cosa provo? Su cosa mi concentro? Come mi sento? Le mie sensazioni mi ricordano un’esperienza vissuta o immaginata? Un’esperienza vissuta da altri? Immagino di essere in un luogo preciso? Come mi sento in questo luogo?
Le risposte agli interrogativi non sono mai verbali, ma incarnate nell’agire degli allievi. L’esercizio dovrebbe essere svolto senza musica, in silenzio, ascoltando soltanto le parole del conduttore e i suoni naturalmente presenti.
Alla fine dell’esercizio, il conduttore invita gli studenti a condividere le emozioni e le sensazioni provate e a tentare di recuperare nella propria esperienza personale e collettiva analoghe situazioni. Ad esempio: il primo giorno di scuola, la prima volta che sono salito su un aereo, un migrante che approda in un porto straniero …
Se il gruppo ha partecipato in maniera positiva, è possibile ripetere l’esercizio proponendo una situazione precisa tra quelle emerse. Interessante è poi sempre raccogliere e condividere il vissuto dei partecipanti.
Le mie origini
Lo spazio vuoto diventa ora virtualmente la mappa dell’Italia (se tutti gli studenti sono di origine italiana), o dell’Europa o del mondo, se la classe è multietnica.
Il conduttore chiede a uno o più partecipanti di indicare come è orientata la mappa (dove si trova il Nord …) e di fornire alcuni riferimenti chiave nello spazio (nel caso della sola Italia, ad esempio: dov’è Roma, dove sono le isole, dove le estremità della penisola).
Tutti vengono poi invitati a posizionarsi nell’area/regione/città in cui collocano le proprie origini. Il concetto è lasciato volutamente vago affinché negli allievi si possa stimolare l’interrogativo e successivamente all’esercizio la discussione sul senso e la percezione delle nostre radici: dove sono e cosa sono le nostre radici? Le collochiamo nel luogo in cui siamo nati oppure dove sono nati i nostri genitori o i nonni? Sono il luogo per cui sentiamo una speciale appartenenza oppure il luogo in cui viviamo?
Quando tutti hanno trovato la propria posizione sulla mappa, il conduttore invita i partecipanti a uno a uno a condividere un ricordo riguardante il luogo delle origini: una piccola storia, una canzone o filastrocca nella lingua o dialetto, una ricetta, un’immagine.
Cerchio conclusivo
Il conduttore chiede a ognuno dei partecipanti di rivolgere al gruppo una frase che esprima accoglienza.
Percorso 2 - Smascherare gli stereotipi di genere
Durata: 2 ore
Il seguente percorso si basa su esercizi di role-playing e improvvisazione, utili a far emergere punti di vista e contraddizioni, e consiste in un lavoro teatrale su storie: storie autobiografiche, lette sui giornali, osservate nella vita quotidiana. Questa modalità ha diverse possibilità di sviluppo, mediante variazioni degli esercizi base di seguito descritti, e dà risultati positivi perché rende immediatamente tangibile la tematica affrontata.
Cerchio di inizio (come descritto nel percorso 1)
Storie in scena
Ognuno dei partecipanti è invitato a raccontare molto sinteticamente (come se si trattasse di un brevissimo plot) una storia personale o altrui sul tema degli stereotipi di genere.
Il conduttore chiede poi ai partecipanti di scegliere la trama che li ha colpiti maggiormente e di cui vorrebbero conoscere più dettagli. Una volta che questa è stata individuata, viene chiesto a chi l’ha proposta di raccontare la storia in forma distesa e dettagliata.
Successivamente il narratore della storia attribuisce il ruolo dei personaggi scegliendoli tra i compagni.
La classe si ridispone creando una suddivisione tra spazio della scena e spazio del pubblico. Nel mentre, agli attori viene dato il tempo di prendere alcuni semplici accordi sulla scena da interpretare, che dovrà essere il più fedele possibile a quella narrata.
Alla fine della performance il conduttore inviterà attori e spettatori a fornire un rimando emotivo sull’esperienza vissuta e successivamente a collegare la storia recitata al tema degli stereotipi di genere.
L’esercizio può essere ripetuto con più di una storia e ruotando nei ruoli di attori e spettatori.
Dentro i personaggi
Questo esercizio è un’estensione/variazione del precedente, da sperimentare quando il gruppo è a suo agio con la drammatizzazione di storie.
Durante la performance, il conduttore dà un segnale sonoro, ad esempio un battito di mani. Al segnale gli attori si devono fermare, rimanendo immobili come statue.
Il conduttore chiama a uno a uno i personaggi e quando il personaggio viene interpellato deve dire che cosa prova in quella circostanza. Il personaggio si esprime in prima persona, lasciando libero il proprio monologo interiore (che può avere chiaramente durata variabile). Al ripetersi del segnale del conduttore, la scena riparte da dove si è interrotta e i personaggi riprendono vita.
Il conduttore può decidere che si ascoltino i pensieri di tutti in un unico stop della scena, oppure in momenti diversi, oppure un personaggio può essere ascoltato più volte. Il conduttore può intervenire con interrogativi che facciano scaturire risposte se l’attore è in difficoltà nel lasciar fluire i pensieri.
Un esempio di drammatizzazione
Il plot scelto è quello di una ragazza: «io e mio fratello da piccoli venivamo obbligati a giocare con giochi diversi perché alcuni erano considerati da maschio e altri da femmina. Alla fine, io mi sono ribellata».
Lo sviluppo della storia prevede quattro personaggi: due bambini, un maschio e una femmina, mamma, papà. La drammatizzazione della storia ha una scena in cui il papà dice alla bambina di «giocare con le bambole e non a calcio, perché il calcio è un gioco da maschi!»
Il conduttore batte le mani e pronuncia il nome della bambina. L’attrice che interpreta la bambina dice: «Non riesco a capire la rabbia di mio padre. Io lo amo ma odio giocare con le bambole, mi annoio…»
L’esempio evidenzia come in poche battute emergano già elementi che possono essere oggetto di un successivo confronto: l’educazione, le abitudini, i ruoli, la famiglia.
Cerchio conclusivo
Il conduttore chiede a ognuno dei partecipanti di compiere un gesto spontaneo che esprima il desiderio di “smascherare gli stereotipi di genere”. Può essere accompagnato da un suono e deve essere una manifestazione fisica libera e istintiva.
NOTE
1 Per citare alcuni esempi significativi: il progetto internazionale EAR - Forming active European Citizens through the dialectical method and theater in Italia sviluppato dall’Università degli Studi di Firenze (https://www.lte.unifi.it/vp-130-progetto-ear.html); il lavoro del torinese TCS Social Community Theatre Center, e in particolare per l’ambito scolastico il progetto europeo TIM Theatre in Mathematics (http://www.socialcommunitytheatre.com/it/); la promozione in contesto universitario della sinergia fra teatro ed educazione che l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in collaborazione con TCS e con CRT Centro Ricerche Teatrali – Teatro Educazione (http://www.crteducazione.it/home.asp?lang=ita), porta avanti da anni; infine, da sottolineare, l’attenzione che gli studi stanno rivolgendo alle pratiche corporee nel processo di apprendimento (e dunque non solo il teatro o la danza e la danzaterapia, ma anche lo yoga e le tecniche di mindfullness).
2 Vedi la ricca bibliografia sull’argomento.
3 Claudio Bernardi, Il teatro sociale. L’arte tra disagio e cura, cit., p. 57.
4 Legge 20 agosto 2019 n. 92, Allegato A. Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica.
5 Si tratti di teatroterapia o psicodramma, della cosiddetta animazione teatrale, delle sperimentazioni di geniali creatori quali Augusto Boal e Giuliano Scabia.
6 Eugenio Barba, La ragnatela d’oro, Incipit in Walter Orioli, Il gioco serio del Teatro, Macro Edizioni, 2007, p. 5.
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