Memoria, cittadinanza e interculturalità

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EDUCAZIONE CIVICA

Gli strumenti e gli obiettivi di una formazione interculturale della persona e del cittadino, con proposte didattiche sui temi della memoria, del razzismo, dell’inclusione e sui principi costituzionali.

di Fabio Caon, Annalisa Brichese

Il Giorno della Memoria come occasione per una riflessione su interculturalità e cittadinanza

La ricorrenza del Giorno della Memoria implica riflessioni che abbracciano diversi ambiti di studio: dalla storia ai diritti umani, all’antropologia, alla sociologia, fino alla psicologia e alla pedagogia. Ed è proprio su quest’ultima che ci soffermeremo trattando in particolare il tema dell’interculturalità e del suo rapporto con la cittadinanza. Essendo l’Olocausto un fenomeno fortemente caratterizzato dall’odio razziale e frutto (anche) di una “educazione all’odio”, la pedagogia interculturale, in parti-colare, è coinvolta in quanto disciplina che studia:

i processi dell’educazione e della formazione umana,
i rapporti tra persone di culture differenti.

In ambio pedagogico-interculturale, le prospettive di riflessione che essa offre sono molteplici rispetto al fenomeno dell’Olocausto:

storica, in quanto il nazismo, l’antisemitismo e il razzismo sono figli di un’educazione;
valoriale, sia perché il nazismo è stato storicamente legato a una più ampia forma di disprezzo per la diversità (fossero comunisti, omosessuali, rom o sinti, persone con disabilità) sia perché antisemitismo, razzismo e altre emarginazioni o riduzioni del valore dell’“altro” continuano a riverberarsi nel presente assumendo varie forme (e spesso poco visibili);
epistemologica, ovvero legata al fatto che, per sua natura, il processo educativo e formativo è proprio di ogni persona e società.

Il tema è complesso ma è importante evidenziare in questa sede la matrice interculturale del fenomeno storico della Shoah. Essa attiene alla natura stessa dell’Olocausto in quanto, come sopra accennato, l’odio, che è un possibile esito dell’educazione, era orientato verso la “razza” (termine tragicamente noto e ormai sconfessato anche da studi di genetica1 ad ulteriore testimonianza dell’assurdità degli orrori di molta storia) ma anche verso molte forme di diversità. Inoltre, il nazismo - e la riflessione può essere estesa anche a forme attuali di organizzazione, partiti, aggregazioni spontanee di stampo razzistico operanti in presenza o nel web – concepiva la differenza, tanto miopemente quanto drammatica-mente, in termini di superiorità/inferiorità.
Come vedremo in seguito, l’educazione interculturale rappresenta la negazione stessa di ogni persecuzione razziale, del nazismo e di tutti i totalitarismi poiché è un processo che:

• muove dalla relatività del proprio punto di vista,
• orienta alla relazione dialogica riconoscendo il valore della diversità come strumento di crescita personale e interpersonale,
• ha come fine ultimo l’educazione alla pace.

La natura dell’interculturalità e dell’educazione interculturale

Per definire l’interculturalità prendiamo spunto dalle parole del Consiglio d’Europa che operano una distinzione fondamentale tra due termini usati spesso come sinonimi ma che, in realtà, hanno una strutturale differenza: multiculturale e interculturale. Secondo il Consiglio d'Europa (1989):

• multiculturale: descrive una situazione di fatto, indica una realtà in cui sono presenti individui e culture diverse;
• interculturale: ha carattere dinamico ed evidenzia le relazioni e i processi che si stabiliscono tra soggetti o gruppi appartenenti a culture diverse.

Se il termine multiculturale ‘fotografa’ la coesistenza di gruppi culturali differenti e quindi è statica, l’aggettivo interculturale evidenzia e sancisce invece che vi sia tra questi gruppi interazione e relazione e riporta la multiculturalità alla vita delle persone e alle loro interrelazioni.
La relazione, essendo “dinamica” chiama in causa la responsabilità degli individui, sia come persone sia come cittadini, di scegliere.
Occorre dunque orientarsi tra diversi possibili modelli di relazione tra le culture che, a volte, non sono affatto pacifici, come la storia dimostra. Qui ci rifacciamo a Giaccardi (2005: 291- 295) per una sintetica panoramica:

melting pot o “crogiolo di culture”: si tratta di una locuzione coniata in America per indicare l’ideale di convivenza tra culture diverse;
• assimilazione: ovvero la fusione che rende indistinte e cancella le differenze da parte della cultura dominante;
• mosaico delle culture: riconosce la pluralità e il diritto alla differenza, sebbene mantenga impliciti una certa irriducibilità e incomunicabilità (differenzialismo; multiculturalismo). Come scrive Sen (2006) il multiculturalismo in molti casi è un “monoculturalismo plurale”;
• meticciato: con i processi di decolonizzazione e gli studi post-coloniali, i modelli del meticciato e dell’ibridità culturale mettono in luce le problematicità e conflittualità all’interno dell’individuo;
• espulsione o distruzione di altre culture (monoculturalismo e mixofobia; pulizia etnica);
• chiusura difensiva e conflitto (fondamentalismo; conflitti etnici).

Se l’intercultura presenta diversi esiti possibili, l’educazione interculturale è da intendersi come un processo mirato a fornire all’individuo fondamenti, strategie e strumenti per la crescita e lo sviluppo personale e relazionale funzionali ad una scelta più autonoma, consapevole ed informata. Si tratta di una formazione irrinunciabile in un’Italia - e in una scuola2 - sempre più stabilmente multiculturale e in un mondo sempre più interconnesso, fluido, rapido, fatto di spostamenti, migrazioni e continui cambiamenti. Milan (2008: 29) considera l’educazione interculturale il vero segreto per la formazione di un essere umano “glocale”, «ovvero globale e locale insieme, “planetario” ma decisamente e attivamente situato nel suo ambiente culturale specifico e di conseguenza “capace di “oltrepassarsi”, di viaggiare esistenzialmente e culturalmente, di valorizzare le differenze culturali e di viverle positivamente, in una relazione dialettica che arricchisca il soggetto stesso e la società intera».
A questa idea generale vorremmo aggiungere due ulteriori obiettivi propri dell’educazione interculturale e che sono attinenti allo specifico di questo contributo:

1. l’educazione al pensiero interculturale,
2. l’educazione alla relazione, ai diritti e alla cittadinanza.

L’educazione al pensiero interculturale

Quanto al primo punto, Pinto Minerva (2002: 20) lo sintetizza attraverso una serie di “passaggi”:

da un pensiero assiomatico a un pensiero complesso, in grado di reggere l'incertezza, l'aleatorietà e la contingenza;
da un pensiero normativo ad un pensiero condizionale, in cui l'argomentazione si fa più libera e mutevole, non essendo nutrita solo ed esclusivamente da certezze; in cui, cioè, la negoziazione dei significati e la co-costruzione del discorso piuttosto che la fissità di una unica visione diventino costitutive della relazione;
da un pensiero autocentrato ad un pensiero trasversale;
da un pensiero disgiunto ad un pensiero relazionale e dialogico, capace di costruire snodi e saldature, di operare connessioni, incroci, intersezioni;
da un pensiero dogmatico ad un pensiero mobile e flessibile, capace di ridefinirsi in base al confronto, di apprendere la transizione e il cambiamento richiesti da una società multiculturale;
da un pensiero statico e rigido ad un pensiero migrante ed erratico, capace di allontanarsi dalle proprie rappresentazioni mentali, di andare verso l'altro e di ritornare a se stesso, arricchito dall'esperienza del confronto e dello scambio.

L’educazione alla relazione, ai diritti e alla cittadinanza

Quanto al secondo obiettivo, uno dei fini ultimi del progetto interculturale «è la realizzazione dei diritti dell'uomo; è la lotta contro tutte le forze di discriminazione; è la capacità di distinguere tra il disordine alimentato dall'ingiustizia del dominio del più forte e le situazioni di tensione dovute alla ricerca di un nuovo ordine fondato sul riconoscimento di tutte le potenzialità di ciascun uomo e ciascun popolo» (Rizzi, 1992: 58). In una battuta, l’educazione interculturale si configura come una complessa (poiché ampia e articolata) educazione alla relazione con l’altro e con se stesso, all’uso e sviluppo di abilità legate ad essa (cfr. Caon, Battaglia, Brichese, 2020) e alla cittadinanza “terrestre” (come la vorrebbe Edgar Morin).

Interculturalità ed Educazione civica: la normativa come risorsa

Se l’educazione interculturale è un processo orientato allo sviluppo di una relazione di rispetto, interesse, ascolto attivo e ibridazione con l’altro (cfr. Balboni, Caon, 2015) e se la scuola è un luogo di educazione, allora ci sembra necessario mettere in luce, in estrema sintesi, come alcuni stralci della normativa italiana in merito all’intercultura possano iniziare a saldare un legame tra questa e temi di cittadinanza (poiché l’attenzione e il rispetto per le indicazioni normative è già un elemento di cittadinanza attiva):

nella CM 301, 8/9/1989 si parla di «valorizzare le risorse provenienti dall’apporto di culture diverse nella prospettiva della cooperazione fra i popoli nel pieno rispetto delle provenienze»;
nella CM 205, 26/7/1990 si sostiene che «i modelli della "cultura occidentale", ad esempio, non possono essere ritenuti come valori paradigmatici e perciò non debbono essere proposti agli alunni come fattori di conformizzazione». Essa «promuove interventi anche in assenza di alunni stranieri e nella trattazione delle varie discipline, a prevenire il formarsi di stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture ed a superare ogni forma di visione etnocentrica»;
nella CM 73, 2/3/1994 si ribadisce che «i valori che danno senso alla vita non sono tutti nella nostra cultura, ma neppure tutti nelle culture degli altri: non tutti nel passato, ma neppure tutti nel presente o nel futuro (…). Essi consentono di valorizzare le diverse culture, ma insieme ne rivelano i limiti, e cioè le relativizzano, rendendo in tal modo possibile e utile il dialogo e la creazione della comune disponibilità a superare i propri limiti e a dare i propri contributi in condizioni di relativa sicurezza»;
nella “Via italiana per la scuola interculturale” (MIUR 2007), infine, si allarga la riflessione sulla differenza unendo, a nostro avviso, l’intercultura alla cittadinanza: «la diversità è paradigma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica)».

Per ciò che attiene alla normativa sull’Educazione civica, nella legge 92 (20/8/19) si afferma che «la sua declinazione in modo trasversale3 nelle discipline scolastiche rappresenta una scelta “fondante” del nostro sistema educativo, contribuendo a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri». Del resto, la stessa Costituzione italiana esprime valori interculturali. In un interessante saggio di Alessandra Zen (2018) vengono esplicitati gli articoli salienti rispetto alla tematica interculturale. Nelle proposte didattiche allegate abbiamo creato un’attività apposita e rimandiamo a quella sede per approfondire il tema.

Pratiche didattiche per una cittadinanza attiva

Come abbiamo detto, l’Educazione civica e l’educazione interculturale possono contribuire a formare cittadini responsabili e attivi in una società multiculturale. Occorre quindi trovare pratiche didattiche che siano coerenti con questi valori e con le indicazioni normative summenzionate.
Dal punto di vista operativo, occorre agire contemporaneamente:

sui contenuti, ovvero sul ripensamento di curricoli e contenuti in termini aggiuntivi, integrativi, sostitutivi;
sui processi, ovvero sul modo di fare didattica e di impostare la lezione.

Le due operazioni spesso si compenetrano: si può usare un metodo cooperativo (azione sui processi) facendo studiare documenti ufficiali (azione sui contenuti) che offrano punti di vista diversi sul medesimo fatto o fenomeno storico (per esempio, il conflitto israeliano-palestinese analizzato da più punti di vista).
La dimensione didattica ispirata all’interculturalità avvicina al concetto di cittadinanza attiva promuovendo una partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità (ovvero della classe, attraverso contenuti e metodi), nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri e pratiche di confronto non etnocentriche (attraverso metodi).

Concludiamo questo nostro contributo con un ricordo personale. Nel 2012 abbiamo tenuto un concerto a Palermo nel ventennale della strage di Via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Borsellino e la sua scorta. L’iniziativa si chiamava “La memoria si fa strada” e la frase che accompagnava la manifestazione così recitava: «Perché la memoria non è solo ricordo, è l’esercizio che articola il racconto della nostra identità. E l’identità non è statica, rigida, fissata una volta per tutte. Si costruisce vivendola. È fatta di ciò che ho vissuto un tempo, del mio impegno di oggi, di ciò che sarò un giorno. La memoria non si accartoccia su se stessa come una vuota ripetizione di ciò che non c’è più, diventa uno slancio verso il futuro» (F. Bonanno).
Se la memoria fa di noi ciò che siamo sia personalmente sia come appartenenti ad una società, il Giorno della Memoria, tra i tanti interrogativi che può e deve continuamente suscitare, ci invita ad interrogarci su di noi, ora.
La dimensione interculturale offre, in questo senso, non molte risposte ma molte domande utili a chiederci chi siamo e chi vorremmo essere come persone e come cittadini in una scuola e in un mondo multiculturali che possono, grazie alla memoria e alla responsabilità della sua narrazione, non ripetere più gli errori del passato.

In allegato, in formato pdf, presentiamo alcune attività didattiche declinate per la Scuola secondaria di primo e secondo grado rispetto ai concetti chiave della memoria, dell’interculturalità e della cittadinanza.

1 Si vedano, ad esempio, le pubblicazioni del genetista Guido Barbujani che affronta anche il tema del razzismo.
2 La scuola italiana ha circa il 10% di studenti di cittadinanza non italiana, con punte del 36.5% alla primaria (MIUR, 2019 in Gli alunni con cittadinanza non italiana Anno scolastico 2017/2018).
3 Ad unire ancora più saldamente intercultura ed Educazione civica, è utile ricordare come anche la normativa sull’intercultura parli espressamente di dimensione trasversale alle discipline e di “sfondo integratore” tra di esse.

Riferimenti bibliografici

  • BALBONI P.E., CAON F., 2015, La comunicazione interculturale, Marsilio, Venezia.
  • CAON F., 2008, Educazione linguistica e differenziazione: gestire eccellenza e difficolta, UTET Università, Torino. 
  • CAON F., 2016 (a cura di), Educazione linguistica nella Classe ad Abilità Differenziate, Bonacci, Torino. 
  • CAON F., BATTAGLIA S., BRICHESE A., 2020, Educazione interculturale in classe, Pearson, Milano, Torino.
    CORBUCCI G., 2007, "Fenomeni di variazione sociolinguistica nell'insegnamento dell'italiano a stranieri", in Studi di GlottoDicattica
  • GIACCARDI C., 2005, La comunicazione interculturale nell’era digitale, Il Mulino, Bologna.
  • MILAN G., 2008, “Multicultura-intercultura. Scenari odierni e compiti pedagogici”, in CAON F. (a cura di), Tra lingue e culture. Per un'educazione linguistica interculturale, B. Mondadori-Pearson, Milano. 
  • PINTO MINERVA F., 2002, L 'intercultura, Laterza, Bari.
  • RIZZI F., 1992, Educazione e società interculturale, La Scuola, Brescia.
  • SEN A., 2006, Identity and Violence, New York, Norton. Tr. it., 2006, Identità e violenza, Laterza, Bari.
Intercultura e Memoria 

Le Pietre d’Inciampo - Secondaria di primo grado - classe terza
Le razze non esistono - Secondaria di secondo grado – triennio

Intercultura, cittadinanza, Costituzione

Il decalogo dell’inclusione - Secondaria di primo grado
I principi interculturali della Costituzione - Secondaria di secondo grado – biennio

 

Fabio Caon è Professore Associato di Didattica delle lingue, didattica della letteratura e comunicazione interculturale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove dirige il Laboratorio di Comunicazione Interculturale e Didattica (Labcom). Si occupa da anni di inclusione, di metodologia didattica e di apprendimento linguistico nella Classe ad Abilità Differenziate sia con volumi e saggi sia con sperimentazioni nelle scuole. Ha insegnato italiano L2 nella scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e nei corsi ad adulti.

Annalisa Brichese è dottoranda in Linguistica Educativa all'Università Ca' Foscari, formatrice del Centro di Ricerca in Didattica delle Lingue della stessa Università e ha insegnato sia lettere alla Scuola secondaria di primo grado sia italiano L2 a studenti non madrelingua italiana dalla Scuola primaria alla Secondaria di secondo grado e ad adulti.
Si occupa di inclusione, di valutazione e di apprendimento linguistico, in particolare di studenti vulnerabili, sia con saggi sia con sperimentazioni in contesti formali e informali di apprendimento.

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