Educare al genere. Il contributo della filosofia

FILOSOFIA PER IL NOSTRO TEMPO

Una seria educazione al genere non può non partire dalla filosofia, che se, da una parte, ha ricoperto un’indubbia centralità nella nostra tradizione culturale, dall’altra, ha giocato un ruolo cruciale nella costruzione del sistema di valori e significati su cui si fonda la subordinazione femminile. Una proposta didattica su testi di Aristotele, Hobbes e Hegel.

di Liviana Gazzetta

Il ruolo delle istituzioni formative

Costruire una seria educazione al genere è una delle maggiori scommesse del nostro tempo. Ancora di più lo è volendo fare perno sulla filosofia, che certo è una disciplina che se da una parte ha goduto di un’indubbia centralità nella nostra tradizione culturale, dall’altra ha giocato un ruolo cruciale nella costruzione del sistema di valori e significati su cui si fonda la subordinazione femminile. Come dice Adriana Cavarero, «la tradizione occidentale assume la differenza sessuale come un’opposizione di maschile e femminile, i cui i due termini non sono posti sullo stesso piano, uno di fronte all’altro, bensì strutturati secondo un ordine gerarchico di subordinazione e esclusione»1. Eppure l’urgenza sociale prodotta dagli atti di violenza nei confronti delle donne e fondati su una distorta percezione del genere, oltre al gap perdurante tra uomini e donne in molti ambiti del vivere sociale, suscitano interrogativi di cui le istituzioni formative non possono non cercare di rendere ragione, portando alla luce pregiudizi e stereotipi, facendo emergere gli schemi antropologici e mentali con cui si sono costruiti i rapporti tra i sessi nel mondo occidentale e sviluppando una prospettiva critica anche su questo terreno.

Epistemologia e didattica della filosofia

Solo partendo dalle basi epistemologiche di una disciplina è possibile elaborare una seria riflessione didattica senza cadere nel disordine metodologico. E come per tutte le discipline, anche per la filosofia il nesso tra l’epistemologia della materia e la sua didattica è molto importante. Fin dalle premesse, tuttavia, la filosofia si presenta come una disciplina ad epistemologia plurima, dal momento che essa varia a seconda delle impostazioni di fondo che vengono adottate. Sintetizzando in modo drastico, potremmo affermare che nella storia della cultura italiana si sono confrontati sostanzialmente due paradigmi epistemologici della disciplina: accanto ad un modello storico-storicistico, che concepisce la filosofia come storia della filosofia, si è via via sempre più chiaramente fatto spazio ad un approccio teoretico, che concentra la propria attenzione su temi da trattare in modo trans-autoriale, sollecitando più direttamente le competenze critiche e argomentative degli studenti.

Nella prassi didattica degli ultimi decenni, tuttavia, possiamo dire che tale dualismo è di fatto “superato” da una generale tendenza ad utilizzare contestualmente i due differenti approcci didattici, esaltando le caratteristiche positive di ciascuno. Le stesse «Linee generali e competenze» relative alla filosofia presenti nelle Indicazioni nazionali del 2010 sottolineano la necessità di non contrapporre l’impostazione storica a quella problematica o a quella dialogico-argomentativa, anzi vi si richiama proprio l’importanza di un insegnamento che coniughi «lo studio dei diversi autori e la lettura diretta dei loro testi» con la capacità dello studente di orientarsi all’interno dei problemi fondamentali della filosofia. La dimensione problematica e la dimensione storica del sapere filosofico, quindi, piuttosto che tra loro disgiunte, devono essere integrate, così come le relative metodologie d’insegnamento: lo studio degli autori e delle loro opere deve essere condotto alla luce di alcuni problemi filosofici fondamentali, tra i quali l’ontologia, l’etica, l’epistemologia, la religione, l’estetica e la politica.

La questione della differenza di genere nell’approccio storico e teoretico

Ora, da qualunque punto di vista si imposti la didattica, la questione della differenza di genere non può risultare marginale. Sul piano storico è, infatti, facilmente dimostrabile che tutti i grandi pensatori del passato hanno variamente trattato la problematica connessa a ciò che oggi intendiamo con la categoria di “genere”. Non c’è filosofo o grande intellettuale che non si sia espresso in maniera più o meno estesa su temi quali le caratteristiche naturali e i ruoli dei due sessi, la riproduzione e la sessualità, il matrimonio e la famiglia, l’educazione e la libertà di donne e uomini: dal punto di vista della città ideale, come fa Platone, o dal punto di vista della biologia, come fa Aristotele; dal punto di vista della filosofia della storia, come in S. Agostino o da quello del potere politico, come in Jean Bodin; dal punto di vista dell’educazione come fa Rousseau o dal punto di vista dell’antropologia, come in Kant.

Non è possibile peraltro escludere la differenza di genere neppure dall’impianto critico- problematico. Non soltanto perché i rapporti tra i generi rientrano a pieno diritto nella trattazione del tema antropologico, sociale o politico, com’è evidente, ma anche perché da sempre la filosofia occidentale si interroga sulla differenza femminile e ad essa attribuisce valori e significati peculiari, indagandoli dal punto di vista naturale o sociale. Quanto importanti sono state, ad esempio, le categorie di forma e materia, mente e corpo, ragione e sensibilità, soggetto/oggetto nel determinare le strutture fondanti di dicotomie originarie nel rapporto tra i sessi in Occidente? Eppure non c’è manuale di filosofia che ne restituisca la centralità teorica e il ruolo storico-culturale. Non si tratta, quindi, di ridefinire il canone degli autori della disciplina, né di aggiungere qualche pensatrice alla già lunga teoria di autori che i programmi propongono. Si tratta, invece, di cominciare a praticare qualche cambiamento a partire dalla quotidianità del lavoro scolastico. Un cambiamento che può partire dal piano di lavoro disciplinare tradizionalmente inteso, come anche dal decidere di travalicarlo periodicamente, in modo da aprirsi a tutta una serie di spunti provenienti da altre discipline, come cercheremo di mostrare nelle proposte didattiche. In questo modo, potranno diventare evidenti alcuni degli stereotipi e delle gabbie simboliche presenti nella mentalità collettiva in relazione alla figura femminile e al suo ruolo nella storia della cultura e nella società.

Quando, però, si riconosca che la filosofia ha avuto un ruolo determinante nel costruire e “fissare” le categorie e le analisi con cui si è giustificata la subordinazione femminile, ciò che fin qui abbiamo detto non potrà apparire che come un punto di partenza. Infatti, i percorsi disciplinari che sono previsti dalle norme, e in generale dalla maggior parte degli strumenti didattici, riflettono di fatto la minorità femminile costruita dalle società di tipo patriarcale.
Il linguaggio stesso della tradizione filosofica costituisce un ostacolo, da questo punto di vista, basti pensare che una serie di concetti fondamentali mutano radicalmente di segno se posti al femminile, si pensi soltanto alla differenza che esiste tra i termini “soggetto” e “soggetta”.

Pedagogia e identità di genere

Si tratta allora di progettare anche una pedagogia “diversa”, che tenga in considerazione i vari processi di formazione dell’identità di genere. Un ruolo importante in questo percorso può essere rivestito dalla docente e dal docente di filosofia nel loro concreto insegnamento: a partire dalla consapevolezza della propria appartenenza di genere, la docente/il docente potrebbe assumere la funzione di mediatrice/mediatore nel processo psicologico e culturale che deve portare ciascuna/o ragazza/o ad assumere la propria identità sessuale come una parzialità positiva. Dato che la società è composta di donne e di uomini, una riflessione che parta dal genere dovrebbe interessare gli uomini quanto le donne. Infatti, la specificità maschile risulta spesso identificata con l’umano in senso universale e rimane poco o per nulla indagata: se delle donne è normale che se ne parli “in quanto donne”, degli uomini in quanto uomini non si parla mai, o quasi.

Una proposta didattica: Aristotele, Hobbes, Hegel

Per esemplificare concretamente l’approccio descritto e seguendo la scansione cronologica dei piani di lavoro nel triennio, proponiamo in allegato l’analisi di testi tratti da tre classici della filosofia e del canone scolastico della disciplina, Aristotele, Hobbes, Hegel.
Ogni documento, corredato di note esplicative, è preceduto da un’introduzione che ne spiega l’importanza rispetto alla prospettiva di genere ed è accompagnato da un’analisi a commento, esercizi e il rinvio ad alcuni spunti pluridisciplinari.

Aristotele, Il femminile come minorità >>
Hobbes, Il diritto della madre nello stato di natura >>
Hegel, La relazione di genere nella famiglia borghese >>

 

NOTE
1. A. Cavarero, Il pensiero femminista. Un approccio teoretico in F. Restaino- A. Cavarero, Le filosofie femministe, Bruno Mondadori 2002, p. 81.

Bibliografia essenziale
D. Antiseri, Epistemologia e didattica delle scienze, Armando 1977
A. Cavarero, Il pensiero femminista. Un approccio teoretico in F. Restaino- A. Cavarero, Le filosofie femministe, Bruno Mondadori 2002
G. Piaia, Il lavoro storico-filosofico. Questioni di metodo ed esiti didattici, Cleup 2001
A. Piussi, Due sessi un mondo. Educazione e pedagogia alla luce della differenza sessuale, Quiedit 2008
W. Tomasi, I filosofi e le donne. La differenza sessuale nella storia della filosofia, Tre lune 2001

Differenza di genere

Nell’uso dell’espressione “differenza di genere” intendo riferirmi a due delle principali categorie dell’elaborazione femminista contemporanea.

GENERE è la traduzione letterale del termine inglese gender, difficilmente traducibile nelle lingue latine. “Genere”, infatti, in italiano ha altri significati oltre a quello di genere sessuale (il genere umano, il genere grammaticale o letterario), mentre in inglese il genere umano è mankind e il genere letterario è genre. Utilizzato come equivalente di gender, nella nostra lingua il concetto indica la costruzione socio-culturale dell’appartenenza di sesso, in contrapposizione alla mera differenza biologica (che in area anglosassone è indicata con il termine sex).
Come altre categorie filosofiche (classe e razza, ad esempio), quella di genere è nello stesso tempo una categoria analitica e politica, cioè uno strumento di analisi e conoscenza dei rapporti tra i sessi, che però parte dalla critica alle differenze e asimmetrie esistenti tra uomini e donne. Per la sua capacità di mettere in evidenza meccanismi sociali a lungo dati per scontati, il concetto di genere ha rappresentato un importante strumento euristico in ambito filosofico, storico, sociale, politico.

DIFFERENZA SESSUALE Questa categoria è stata a lungo egemone nel pensiero femminista italiano, mutuandola dalla riflessione della filosofa francese Luce Irigaray, a sua volta influenzata dalla scuola di Lacan. Tale categoria indica, insieme, sia il dato biologico che l’ordine simbolico, sia la morfologia corporea che l’immaginario di cui i due sessi sono portatori, considerandoli come elementi inscindibili. In questa prospettiva la differenza femminile, nella sua complessità, può essere portatrice di una critica al patriarcato, quale sistema sociale e culturale in cui le donne sono subordinate agli uomini senza poter esprimere il valore della loro alterità. Esistono quindi due dimensioni del femminile: un femminile interno al “sistema” che riflette l’egemonia maschile, risultando del tutto funzionale ai rapporti di potere dati tra uomini e donne; l’altro è il femminile in qualche modo eccentrico o esterno al “sistema”, il solo che abbia una potenzialità veramente critica e liberatrice.

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Liviana Gazzetta Dottore di ricerca in Storia sociale europea presso l’Università degli Studi di Venezia, è docente di Storia e Filosofia presso il liceo scientifico statale ‘Enrico Fermi’ di Padova e docente a contratto presso l’Università di Padova.
I suoi interessi di studio e la sua attività di ricerca si sono sviluppati nell’ambito della Storia delle donne e della Storia di genere in età contemporanea. Tra i suoi principali saggi le monografie Cattoliche durante il fascismo. Ordine sociale e organizzazioni femminili nelle Venezie, Roma 2011 e Orizzonti nuovi. Storia del primo femminismo in Italia (1865-1925), Roma 2018. Per la Società Italiana delle Storiche ha curato, insieme con Franca Bellucci e Alessandra Celi, il volume I secoli delle donne. Fonti e materiali per la didattica della storia, Roma 2019.

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