Il learning loss non è uguale per tutti
Con l’espressione learning loss si intende la perdita dei livelli di conoscenze, abilità e competenze negli studenti a seguito dell’interruzione di percorsi di apprendimento per periodi prolungati, ad esempio quelli della pausa estiva. Le ricerche in materia sottolineano che questa perdita non è per tutto e per tutti (Cooper et al., 1996). Anzitutto, sembra essere più evidente per la matematica rispetto alla comprensione della lettura e, nella scuola primaria, gli effetti negativi dell’interruzione si vedono soprattutto sul calcolo e sull’ortografia.
In secondo luogo, il livello socioeconomico della famiglia influisce pesantemente sul learning loss: gli studenti appartenenti alla classe media tendono a migliorare il proprio livello di comprensione della lettura rispetto a quello posseduto prima della pausa estiva, mentre gli studenti delle classi inferiori lo peggiorano. Lo stesso divario non si riscontra in matematica, e variabili come il genere o l’origine degli studenti non influiscono sul tasso di perdita.
La dipendenza del learning loss dal livello socioeconomico della famiglia è spiegabile con la metafora del rubinetto: durante l’anno scolastico tutti gli studenti, indipendentemente dalla propria estrazione sociale, possono attingere allo stesso modo al rubinetto delle risorse messo a disposizione dalla scuola. Durante l’estate questa opportunità si interrompe per gli studenti provenienti da contesti svantaggiati, per i quali attingere a libri, risorse, attività educative è più difficile. Avere meno opportunità di leggere, di discutere, di praticare l’uso della lingua (con qualcuno che sia in grado di interagire utilizzando un buon italiano), di fare esperienze in grado di incrementare il patrimonio lessicale e la comprensione del mondo, fa sì che si generi il divario.
La pandemia ha acuito e reso evidenti problemi non nuovi
Anche l’emergenza sanitaria ha prodotto effetti differenziati e ha acuito situazioni già fortemente problematiche. Dai dati Invalsi 2021 (Ricci, 2021) è emerso che la Scuola primaria ha mantenuto sostanzialmente gli stessi livelli di risultato del 2019 in tutte le discipline osservate (italiano, matematica e inglese), pur con un aumento delle differenze tra classi, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno.
La Scuola secondaria di primo grado ha mostrato invece un calo rilevante dei risultati in italiano e matematica rispetto al periodo precedente la pandemia: il 39% degli studenti ha terminato la Scuola secondaria di primo grado senza avere raggiunto i traguardi di apprendimento previsti al termine del primo ciclo d’istruzione per l’italiano (comprensione del testo scritto e funzionamento della lingua italiana) (era il 34% nel 2019) e in matematica la percentuale di allievi in forte difficoltà è passata dal 39% del 2019 al 45% nel 2021.
Ancora più preoccupanti sono stati i risultati in italiano e matematica dell’ultimo anno della Scuola secondaria di secondo grado. Stime aggiornate della dispersione scolastica implicita – rappresentata dagli studenti che formalmente raggiungono un titolo di studio secondario di secondo grado ma dimostrano competenze di base significativamente al di sotto di quelle attese – dicono che nel 2021 ha raggiunto il 9,5% a livello nazionale e in alcune regioni del Mezzogiorno ha superato ampiamente valori a due cifre (Calabria 22,4%, Campania 20,1%, Sicilia 16,5%, Puglia 16,2%, Sardegna 15,2%, Basilicata 10,8%, Abruzzo 10,2%).
Queste perdite si sono innestate su una situazione di partenza tutt’altro che rosea. Dall’indagine Ocse Pisa 2018 già emergeva una correlazione molto chiara tra livello socioeconomico della famiglia e percentuale di quindicenni che non raggiungevano la soglia di competenze minime in matematica, lettura e scienze: si andava da valori intorno al 40% per il quinto di allievi con livello socioeconomico più basso, a valori poco superiori al 10% per il quinto di allievi con livello socioeconomico più alto.
Che fare?
Come far fronte a questo scenario? Sicuramente non incrementando le ore di mera “erogazione delle informazioni”. La ricerca in tema di istruzione e di apprendimento (si veda per una sintesi Calvani, Trinchero, 2019) ci insegna che erogare informazione senza preoccuparsi di creare le giuste pre-condizioni per l’apprendere rischia di portare al sovraccarico cognitivo degli allievi e, quindi, di peggiorare gli apprendimenti anziché migliorarli.
Nella costruzione delle pre-condizioni per l’apprendere, tre elementi sembrano essere cruciali (Trinchero, Piacenza, 2020):
- La capacità di decodificare e comprendere testi e messaggi di varia natura (scritti e orali, cartacei e mediali, continui e discontinui), assegnando correttamente significato a quanto è stato esperito; la trasversalità e l’importanza di questa capacità è evidente, dato che tutta l’interazione formativa, su qualsiasi argomento, passa per (almeno) una lingua veicolare.
- La capacità di compiere inferenze logiche, ossia stabilire legami tra elementi informativi, utili sia per connettere le nuove informazioni ai saperi già acquisiti sia per generare nuove ipotesi e trasferire i propri saperi a nuovi contesti; questa capacità è strettamente interrelata alla precedente, dato che senza inferenza logica non vi può essere una comprensione che vada oltre il livello superficiale e senza comprensione dei significati non si possono costruire inferenze efficaci.
- La capacità di utilizzare il linguaggio matematico nella risoluzione di problemi non stereotipati, tratti da contesti reali, che richiedono comprensione di situazioni e consegne, inferenza logica e applicazione di quanto compreso e inferito per condurre scelte appropriate, proporre soluzioni sensate e riflettere sulla plausibilità delle proprie azioni.
Questi tre elementi richiedono che l’allievo eserciti una pluralità di processi cognitivi su determinati contenuti. Processi cognitivi e contenuti infatti non possono essere scissi. Senza un adeguato substrato di capacità cognitive, i contenuti ricevuti poggiano sul nulla (e quindi scivolano via rapidamente), ma le capacità stesse non possono esistere senza contenuti che le sostanzino, perché:
- per comprendere è necessario assegnare significato ai termini e alle affermazioni linguistiche oggetto di comprensione;
- per compiere inferenze è necessario padroneggiare gli oggetti del pensiero su cui si ragiona;
- per risolvere problemi è necessario possedere saperi dichiarativi e procedurali che dicano cosa fare, come e quando farlo.
I contenuti rendono visibili i processi cognitivi e i processi cognitivi rendono vivi contenuti che altrimenti sarebbero “lettera morta”.
I tre elementi sono quindi tra di loro profondamente interrelati e rappresentano sia il portato degli apprendimenti precedenti dell’allievo sia il prerequisito di cui egli necessita per acquisire proficuamente nuovi apprendimenti. Un lavoro sistematico di potenziamento di questi prerequisiti, a partire dalla Scuola dell’infanzia fino alla fine della secondaria di primo grado (e oltre se necessario), sarebbe un buon modo per costruire nell’allievo quelle basi di autonomia nell’apprendere utili per gestire l’acquisizione dei saperi futuri, sia in interazioni didattiche in presenza sia – sperando di non averne bisogno – in interazioni didattiche a distanza.