Dopo un anno di interruzione, un’ampia platea studentesca ha affrontato le prove Invalsi di italiano, matematica e inglese. I risultati relativi all’italiano, di livello inferiore rispetto ai precedenti, sono stati oggetto di numerosi commenti preoccupati che imputano la responsabilità primaria del peggioramento alla didattica a distanza (DAD) che ha contrassegnato buona parte degli ultimi due anni scolastici.
I dati di primo e secondo ciclo
I risultati relativi al primo ciclo di istruzione (grado 5) risultano stabili, a conferma della tenuta della Scuola primaria; per la Scuola secondaria di primo grado si è rilevato un peggioramento medio di 4 punti, rispetto al 2018 (grado 8, terza media). Nella secondaria di secondo grado il peggioramento è stato di 10 punti (grado 13, ultimo anno): la media relativa alle competenze in italiano si attesta ora su 190 punti, rispetto ai 200 del 2019; in termini percentuali coloro che non hanno raggiunto il livello minimo sono il 44% (rispetto al 35% del 2019). Tale perdita di apprendimento, dal punto di vista geografico, risulta generalizzata in tutte le macroaree del paese ed è più evidente in Campania e in Puglia. Le maggiori criticità si rilevano in contesti familiari svantaggiati.
Un altro dato importante fornito dall’Invalsi riguarda la dispersione scolastica implicita, vale a dire la percentuale di coloro che, pur avendo terminato l’intero ciclo di istruzione, non hanno raggiunto i traguardi previsti relativi alle competenze fondamentali. Nel 2019 la percentuale era del 7%, oggi del 9,5% (nel dettaglio: nord 2,6%, centro 8,8%, sud 14,8%).
Un focus sulla maturità 2021
Una realtà ben diversa è rappresentata dai risultati della maturità 2021 (fonte Miur): le votazioni sono aumentate in modo significativo rispetto al 2020, e soprattutto rispetto al 2019. Per limitarci ai livelli di eccellenza, i diplomati con lode sono passati da 1,5% del 2019, a 2,6% del 2020, a 3,1%, (la percentuale più alta in Puglia: 5,9%). I 100 risultano il 13,5%, rispetto al 9,6% del 2020 e al 5,6% del 2019. Il 52,9% si è attestato nella fascia di valutazione 80-100.
Naturalmente i risultati Invalsi e i risultati delle prove d’esame non sono confrontabili tra loro per tipologia, criteri di valutazione, metodi e contesti, anche perché negli ultimi due anni scolastici l’Esame di Stato ha avuto una struttura semplificata rispetto agli anni precedenti; tuttavia, bisogna tener conto di questa disparità e anche dei segnali di allarme che vengono dal mondo universitario sulle inadeguate competenze linguistiche di alcuni allievi.
Dobbiamo riflettere su ciò che è avvenuto in questi due anni: in particolare, come docenti di italiano (e non solo) dobbiamo chiederci se la precaria padronanza linguistica di un numero tanto consistente di individui scolarizzati sia imputabile alla didattica a distanza o non riguardi piuttosto l’intero arco dell’istruzione secondaria.
DAD e problemi che vengono da lontano
Il ruolo della DAD, accolta da molti positivamente poiché considerata un’occasione di rinnovamento della scuola italiana, è stato complesso e ambivalente. La misura eccezionale di sospendere la didattica in presenza ha determinato una rivoluzione che ha coinvolto, in modi diversi, tutti.
Per gli insegnanti è stato arduo affrontare questo passaggio repentino e traumatico: pensare in tempi rapidissimi a un modo diverso di organizzare la didattica, adottando nuove forme di comunicazione, sperimentando nuovi strumenti digitali, evitando di riprodurre, a distanza, gli stessi schemi della lezione in presenza (che non sempre implica di per sé un’azione didattica efficace).
La DAD ha accresciuto le differenze tra le diverse realtà territoriali, sociali e culturali, ha aumentato il divario tra chi ha avuto accesso al digitale e quelli che ne sono rimasti esclusi, ha esasperato negli alunni comportamenti di passività legati a una scarsa motivazione, l’impegno per molti è stato discontinuo, sono emersi disagi di natura psicologica. Inoltre, ha reso problematiche le verifiche degli apprendimenti.
Nell’ambito più specifico delle conoscenze e competenze linguistiche, la DAD ha avuto una parte rilevante nella significativa riduzione dell’esercizio scritto, anche a causa della sospensione della prima e della seconda prova agli esami di stato. Tuttavia, non si può considerare la causa diretta ed esclusiva dei risultati Invalsi; il suo ruolo piuttosto è stato quello di evidenziare più nettamente problemi che hanno origini e cause ben più remote e che riguardano l’intero ciclo di studi.
Scuola e scuole
In Italia esistono più scuole, nel senso che diverse sono le realtà territoriali, sociali, culturali. Esistono aree (sia urbane che extraurbane) in cui il tessuto sociale è fortemente degradato, in cui l’accesso all’istruzione e ai suoi strumenti non è garantito per tutti; proprio in questi ambienti uno dei sintomi più evidenti del disagio è rappresentato dalla difficoltà di comprendere testi semplici, di esprimersi e di scrivere in un italiano corretto. La lingua italiana può diventare quindi, paradossalmente, un ostacolo alla comunicazione, laddove deve costituire invece l’elemento su cui si fonda ogni fase dell’istruzione, dalla scuola primaria all’ultimo anno della secondaria di secondo grado.
La trasversalità dell’italiano
L’italiano è per sua natura disciplina trasversale, comune a tutte le altre discipline, quindi i problemi che nascono da una scarsa padronanza linguistica si riverberano sull’intero curricolo di studio. Proprio per questo è necessario che tutti i docenti del consiglio di classe convergano sull’educazione linguistica, di cui normalmente è considerato responsabile il solo docente di lettere, a cui spesso gli insegnanti di altre discipline riferiscono gli errori di sintassi e di ortografia che trovano nei compiti, oppure le difficoltà espositive nelle prove orali.
Il ruolo del docente di lettere può essere quello di armonizzare il lavoro, in occasione di auspicabili approfondimenti interdisciplinari o, nella prova scritta di italiano, per proporre tematiche che riguardino ambiti diversi: la collaborazione fattiva deve andare dalla scelta dell’argomento, al monitoraggio dell’attività, alla valutazione degli esiti. La prima prova degli esami prevede infatti che i maturandi possano scegliere, nella tipologia B e C, tra proposte che afferiscono a diversi ambiti disciplinari; la chiave che permette a ciascuno di operare una scelta consapevole e libera, sostenuta da una preparazione adeguata, risiede nel lavoro collegiale dei docenti, attraverso un esercizio di preparazione progressiva che deve abbracciare l’intero arco dei cinque anni e soprattutto concentrarsi nel triennio.
Dal biennio al triennio, un percorso interrotto
Partiamo dall’assunto che la padronanza linguistica, come ogni altro sapere, si acquisisce con gradualità, continuità e anche con fatica. Ciò significa che nessuna conoscenza è posseduta una volta per tutte: questo vale in generale e non solo per la scuola. Purtroppo, spesso si dà per scontato che gli studenti abbiano conseguito, nei segmenti scolastici precedenti, conoscenze e competenze linguistiche complete o per lo meno adeguate. Eppure, nella pratica non è così. Prendiamo in considerazione l’impostazione didattica del biennio e del triennio.
Nel biennio sono decisamente prevalenti:
- lo studio della lingua italiana;
- la possibilità di avvicinarsi a diverse tipologie di testi;
- la possibilità di leggere e di esercitare in modo frequente diverse forme di scrittura.
Questa varietà permette una certa libertà nell’impostazione delle linee programmatiche che, senza sottovalutare la complessità del lavoro, consente di sperimentare diversi percorsi.
Nel triennio, invece:
- lo studio della letteratura assorbe quasi completamente le ore di italiano;
- si attesta una significativa riduzione del tempo dedicato alla riflessione sulla lingua, alla lettura e alla scrittura, di solito esercitata quasi esclusivamente nelle prove valutative.
Questo si traduce in alcuni casi in una regressione delle competenze.
Vale la pena ribadire che anche nel triennio è fondamentale mantenere una costante attenzione all’educazione linguistica, nella ferma convinzione che molto si può migliorare, in qualsiasi fase di studio. Nei compiti scritti i docenti lamentano, oltre a una significativa povertà dei contenuti, problemi che riguardano soprattutto la struttura del periodo (coerenza, coesione, uso dei connettivi e punteggiatura), il lessico e la struttura argomentativa. Il testo letterario non può da solo assolvere a tutte le funzioni, proprio per la sua specificità. Bisogna quindi utilizzare testi diversificati che permettano di svolgere esercizi funzionali a diversi scopi, soprattutto alla comprensione, al riconoscimento di alcune strutture testuali, alla scelta lessicale, all’esposizione delle proprie idee.
In questo senso, anche in vista della prova conclusiva dell’Esame di Stato, sono molto utili gli editoriali, che permettono di allargare gli orizzonti culturali e i saggi critici che accompagnano i testi letterari. Molto utile è anche la pratica del debate, che abitua all’argomentazione, al confronto, all’ascolto dei punti di vista diversi, ad esporre con chiarezza e coerenza le proprie idee.
Auspici e soluzioni: come conciliare tutto questo?
Naturalmente sarebbe auspicabile un aumento delle ore di italiano, ma in assenza di questa misura è necessario rimodulare e organizzare diversamente il tempo scuola, cercando di non disperderlo per procedere contemporaneamente sia nello studio della lingua, sia della letteratura che si deve avvalere di strumenti che consentano di apprezzarne la significatività e la bellezza.
In generale si può suggerire che, a partire dal biennio, la nostra attenzione si sposti dalla visione grammaticale, quella che privilegia soprattutto la tassonomia, alla dimensione testuale, in cui i diversi elementi linguistici interagiscono tra loro per creare un sistema unitario di senso. Porre al centro dello studio il testo significa anche, sul piano educativo, abituare alla riflessione, sollecitare a un atteggiamento attivo, privilegiare il metodo induttivo.
Lo studio deve essere naturalmente graduale e gli esercizi devono accompagnare l’intero percorso. I test proposti dall’Invalsi vanno in questa direzione e costituiscono una fonte preziosa cui attingere per trarre utili spunti didattici e ragionare sugli esiti. Purtroppo, non sempre questo è possibile, anche a causa della difficoltà di accedere al testo delle prove che ora si svolgono per via telematica.
Infine, un discorso a parte meriterebbe il tema della correzione e della valutazione, un vero nodo problematico da sciogliere. L’errore, che va sempre segnalato nelle modalità opportune, costituisce una componente naturale dell’apprendimento e un’occasione di miglioramento poiché permette al docente di comprendere i processi che l’hanno causato e, nel contempo, spinge lo studente ad assumere un atteggiamento attivo nella ricerca delle soluzioni, sviluppando una riflessione critica sul proprio studio.
L’educazione linguistica deve accompagnare l’intero percorso di studio delle alunne e degli alunni: il simbolo della spirale è da molti utilizzato per rappresentare un sapere che cresce e si specializza progressivamente, fondandosi su elementi di base sempre più complessi che devono essere pienamente acquisiti per migliorare. Il traguardo finale che la scuola si deve porre è quello di formare individui in grado di utilizzare tutti gli strumenti espressivi che hanno a disposizione per raccontare sé stessi, interagire in modo costruttivo con gli altri, interpretare criticamente la realtà, in sostanza per essere cittadine e cittadini consapevoli.
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