Valutazione e giudizio nel Debate: l’importanza del giudice

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Definire l’esito del dibattito

IL DEBATE COME METODO DIDATTICO

Un attore importante del Debate, sebbene defilato, è il giudice. Il suo è un ruolo poliedrico e significativo perché serve a moderare e valutare l’intero dibattito, trasformandolo in un’esperienza altamente educativa e formativa.

di Manuele De Conti e Matteo Giangrande

Un moderatore

Il giudice, in primo luogo, è un moderatore del dibattito perché gestisce gli interventi, li cronometra e segnala ai debater quanto tempo è rimasto a loro disposizione.
Mentre svolge questa azione, il giudice deve inoltre essere in grado di annotare quanto le squadre espongono, trascrivendone sinteticamente gli interventi e mettendo in relazione le parti dei diversi discorsi che sono tra loro collegate. Questo complesso lavoro di annotazione servirà sia per confrontare le performance delle due squadre e determinare un vincitore, sia per formulare dei suggerimenti in modo da favorire l’autovalutazione e lo sviluppo delle abilità dei dibattenti. Per prendere appunti, il giudice si avvale di un foglio suddiviso in tante colonne quanti sono gli interventi che il dibattito prevede. In ciascuna colonna riporterà sinteticamente i discorsi dei diversi oratori inserendo, sul fondo di ciascuna di esse, il punteggio provvisorio assegnato. Al tempo stesso, già durante il dibattito, il giudice inserirà simboli, frecce di collegamento tra gli interventi delle varie parti e ulteriori annotazioni (ad esempio per indicare che un dato passaggio è stato effettuato correttamente, o per indicare che due parti di uno stesso discorso sono tra loro contraddittorie) da rivedere a dibattito terminato. Dall’analisi ponderata degli appunti dovrà ricavare il verdetto, ossia la decisione di quale squadra risulti vincitrice e i suggerimenti da proporre ai debater per migliorare la loro capacità dialettica.

Un decisore

Il giudice è anche un decisore, perché deve determinare quale squadra ha sostenuto meglio la propria tesi. Per fare ciò, deve innanzitutto saper tornare sui propri appunti, sia durante il dibattito che al suo termine, per analizzare l’incontro secondo i criteri prescelti. Gli sarà d’aiuto chiedersi, ad esempio, se i dibattenti hanno rispettato i vari obblighi a cui i loro discorsi sono soggetti, oppure individuare i passaggi della sua trascrizione che risultano confusi così da suggerire in quale punto il dibattito non ha seguito un andamento lineare. Può chiedersi ancora quali argomenti sono stati dibattuti più a lungo e quali invece no. Quest’ultimo aspetto è importante nella valutazione del dibattito, perché favorisce un’analisi dei contenuti organica, anziché parcellizzata, possibile solo a dibattito terminato. Individuare quali sono gli argomenti che durante il dibattito non vengono ripresi può condurre a capire se tali argomenti erano marginali o irrilevanti, e se quindi potevano essere trascurati fin dall’inizio, oppure insidiosi a tal punto da non essere contestati successivamente alla loro presentazione. Individuare invece gli argomenti dibattuti più a lungo permette di riflettere sulla loro rilevanza per il dibattito, e sul grado di analisi del tema da parte delle due squadre.

Criteri di valutazione

Per valutare un dibattito non esiste un insieme di criteri universalmente adottato e questi, quindi, devono essere selezionati avendo come obiettivo una formazione oratoria bilanciata. Criteri esclusivamente legati alla dimensione non verbale trascureranno di formare debater capaci di analizzare i problemi trattati, mentre escludere la dimensione non verbale condurrà a formare dibattenti poco vicini alle esigenze di comprensione del pubblico. È importante inoltre che i criteri scelti per valutare un dibattito siano noti ai dibattenti in modo da permettere loro di autovalutarsi e di prepararsi conformemente, e siano commisurati alle capacità che gli studenti possono o desiderano esprimere. Valutare un dibattito rivolto agli studenti delle primarie sulla base di un criterio quale la capacità di “formulare ragionamenti logico-formali” è poco consono quanto valutare un dibattito tra studenti universitari in base alla capacità di “rappresentare con disegni le idee alla base della posizione sostenuta”. La valutazione del dibattito avviene attraverso diversi criteri che possono variare al variare del formato di dibattito adottato, del grado di istruzione a cui il dibattito è rivolto e degli obiettivi formativi ed educativi che il docente o l’organizzazione proponente si prefigge.

Un primo esempio

Il World Schools Debate, formato di dibattito diffuso a livello internazionale e rivolto principalmente agli studenti delle secondarie di secondo grado, prevede la valutazione:
sul contenuto: accettabilità di fonti e informazioni, sufficienza e rilevanza di prove, dati o ragioni;
sullo stile: chiarezza d’esposizione e coerenza tra dimensione testuale, paraverbale e non verbale;
sulla strategia: rispetto delle tempistiche, rispetto della struttura dell’intervento, pertinenza tra gli obblighi e il tempo loro dedicato, coerenza strutturale tra i diversi interventi.

Un secondo esempio

Un altro insieme di criteri attraverso i quali si può valutare un dibattito, questa volta pensati per le scuole primarie ma non meno articolati di quelli per le secondarie, comprende:
• organizzazione e chiarezza;
• rilevanza degli argomenti;
• uso di fatti;
• uso di obiezioni;
• persuasività.

Una ponderata e attenta analisi dei discorsi con criteri di valutazione trasparenti e applicati coerentemente non potrà che condurre i dibattenti a sviluppare senso critico e autocritico e favorire in loro la metacognizione, ossia quell’attività cognitiva che ha come oggetto i propri processi di elaborazione della conoscenza.

Paradigmi di valutazione

La valutazione è anche soggetta a quelli che in termini tecnici sono denominati “paradigmi” di valutazione. Il “paradigma” è il modo di guardare al dibattito e rispecchia semplicemente la concezione che ciascuna persona ha della funzione e delle finalità dell’attività dibattimentale stessa. Tra i più diffusi paradigmi troviamo:
il paradigma orientato alle abilità (Skills judge paradigm): il giudice valuta il dibattito concentrandosi sulle abilità dei dibattenti anziché su alcuni specifici aspetti del dibattito. Un problema di questa prospettiva è di guardare troppo al singolo intervento, rispetto alla globalità del dibattito;
il paradigma della tabula rasa (Tabula rasa approach): il giudice osserva il dibattito senza nessun preconcetto o criterio di valutazione precostituito e lascia che questi emergano dalle squadre che dibattono;
il paradigma della prova d’ipotesi (Hypothesis testing paradigm): il giudice esamina il dibattito chiedendosi se la squadra pro, o di governo, abbia presentato prove sufficienti a sostegno della propria tesi e nel contempo abbia saputo difendersi dai tentativi di falsificazione della controparte;
il paradigma dei problemi comuni (Stock issues paradigm): il giudice valuta il dibattito sulla base di alcuni requisiti necessari che la posizione pro deve rispettare, come la capacità di mostrare che c’è un problema urgente per cui serve un nuovo intervento; che il presente sistema non è in grado di risolvere tale problema; che la soluzione proposta dalla propria squadra è in grado di risolvere il problema; che tale piano d’azione non produce serie conseguenze negative.

Un formatore

Infine, il giudice è un formatore perché al termine del dibattito fornisce ai debater suggerimenti orientati a migliorarne le capacità d’argomentare e comunicare. In questo senso, la valutazione che effettua non è, in termini tecnici, sommativa, ossia non ha l’obiettivo di rilevare il livello di competenze e conoscenze alla fine di uno specifico percorso, ma formativa, ossia ha l’obiettivo di valutare ciò che avviene in itinere per capire cosa sia stato appreso, e cosa migliorare, ma anche per adeguare l’attività didattica.
Un buon discorso di restituzione, per essere tale, deve partire da quanto concretamente accaduto durante il dibattito. Il giudice deve esemplificare e giustificare i propri consigli a partire da quelle situazioni e da quei passaggi del dibattito che gli hanno fatto comprendere l’esigenza di maggior esercizio. Deve inoltre presentare la propria lettura del dibattito come una possibile interpretazione dell’incontro, e non come una descrizione certa e assoluta del dibattito. A volte può anche chiedere ai debater di confermare che la sua interpretazione di un argomento o di un particolare passaggio sia corretta prima di dare un consiglio che altrimenti sarebbe poco pertinente. Infine, deve capire quali sono i suggerimenti più idonei da esporre, partendo dall’effettivo grado di preparazione del debater al quale si rivolge e visto il tempo limitato a sua disposizione. Alcuni suggerimenti schematici che il giudice può tenere a mente per elaborare il proprio discorso sono forniti dal seguente adattamento schematico della rassegna operata da Shute (2008).

La restituzione deve
• non riguardare il debater ma il compito da lui svolto;
• essere specifica, non generica, e comprensibile;
• aiutare il dibattente a focalizzarsi sull’apprendimento prima che sulla prestazione;
• evitare il confronto con altri debater.

Concludendo, un giudice deve essere in grado di motivare ai debater la propria decisione sulla base dei criteri di valutazione adottati e del paradigma di riferimento. Solo in questo modo si può instaurare un vero rapporto educativo capace di condurre gli studenti a riflettere, anche autonomamente, sulla loro preparazione.

Bibliografia

  • N. Bibby, S. Block, S. Llano, Adjudication. Essays on the Philosophy, Practice, and Pedagogy of Judging British Parliamentary Debate, Idebate press, New York 2013.
  • M. De Conti, Dibattere a scuola: scegliere il proprio percorso educativo. Studi sulla formazione, 2013.
  • M. De Conti – M. Giangrande, Debate. Pratica, teoria e pedagogia, Pearson Italia, Milano 2017.
  • J.V. Shute, Focus on Formative Feedback, Review of Educational Research, 78, pp. 153-89, 2008.
  • W. Ulrich, Guidelines for the debate judge, National Federation of State High School Associations, Kansas City 1985.
  • W. Ulrich, Judging Academic Debate, National Textbook Company, Lincolnwood 1986.

 

Manuele De Conti: è dottore di Ricerca in Scienze Pedagogiche, dell’Educazione e della Formazione. Guida un gruppo di ricerca internazionale sul tema “La ricerca qualitativa in educazione”, all’interno del Laboratorio di Epistemologia della Formazione EURESIS dell’Università di Ferrara.

Matteo Giangrande: è docente di storia e filosofia nei licei, formatore di ricerca documentale e di pensiero critico, coach e giudice di Debate. È stato coordinatore della piattaforma online di dibattito pubblico ProVersi.