La Scuola medica di Salerno, una istituzione aperta alle donne
In epoca medievale non era frequente che le donne, anche di famiglia nobile, sapessero leggere e scrivere. Ancora più raro era che potessero approfondire i loro studi ed esercitare una professione. Vi era però un luogo aperto per antica consuetudine anche all’istruzione femminile: la Scuola medica di Salerno, la più importante istituzione per lo studio e la pratica della medicina dell’Europa medievale (vai al box).
Per questo in seno alla scuola poté prosperare per secoli il circolo delle Mulieres Salernitanae, cioè delle “donne di Salerno”. Si trattava di dame dell’alta aristocrazia che studiavano medicina e si occupavano di rimedi farmacologici e cosmetici da mettere a disposizione delle donne della nobiltà. Naturalmente non mancavano, in un mondo prettamente maschile come era quello delle scienze mediche dell’epoca, le accuse alle Mulieres di essere poco più che ciarlatane e di curare soprattutto con formule magiche e preghiere. In realtà queste “medichesse” ci hanno lasciato molti trattati di medicina e farmacologia e tra loro troviamo quella che è considerata unanimemente tra le figure più importanti della medicina medievale nonché la fondatrice degli studi medici dedicati principalmente alle donne: Trotula de’ Ruggiero.
Trotula, la più grande delle Mulieres Salernitanae
Nata a Salerno da famiglia di antica nobiltà e attiva alla metà dell’XI secolo (non si hanno notizie sulla sua nascita, mentre alcuni autori sostengono sia morta nel 1097), Trotula non ci ha lasciato molte notizie sulla sua vita. Venne però celebrata da letterati e poeti medievali come la donna più saggia del mondo per la sua sapienza e competenza medica. Per esempio, in un trattato del monaco Orderico Vitale si legge di un nobile normanno che aveva compiuto studi di medicina e che giunto a Salerno nel 1059 non trovò nessuno così colto da tenergli testa eccetto Trotula.
È attestata da più fonti la sua lunga frequentazione della Scuola salernitana dove studiò la medicina classica di Ippocrate e Galeno e imparò i principi della farmacologia e dell’erboristeria medievale. Inoltre, ebbe la possibilità di approfondire la propria conoscenza medica anche in famiglia dato che sposò uno dei più celebri dottori della sua epoca, Giovanni Plateario, ed ebbe due figli entrambi medici.
La nascita della medicina delle donne
Al di là degli aspetti biografici, la figura di Trotula ha saputo affermarsi, pur in un mondo quasi esclusivamente maschile come quello della medicina medievale, grazie alla novità dei suoi studi, giunti fino a noi in tre trattati: De’ passionibus mulierum ante in et post partum (Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto), De’ curis mulierum (I trattamenti medici delle donne) e De’ ornatu mulierum (La bellezza delle donne). E quanto questi testi siano stati importanti lo attesta il fatto che ci sono pervenuti in ben 130 copie manoscritte e in centinaia di versioni a stampa della prima età moderna, segno che Trotula continuò a essere studiata secoli dopo la sua morte. E non poteva essere altrimenti perché la "magistra” di Salerno fu la prima in Occidente a porre la questione di genere nello studio delle malattie e a soffermarsi sulle differenze tra donne e uomini dal punto di vista medico.
In particolare, la medicina del tempo aveva ben poca conoscenza della fisiologia femminile, le donne esitavano a rivolgersi ai medici soprattutto in caso di gravidanze e disturbi all’apparato riproduttivo preferendo affidarsi a levatrici e guaritrici, le quali curavano ricorrendo, oltre che alle erbe, a talismani, preghiere, riti magici oppure danze propiziatorie. Gli esiti erano spesso disastrosi per le donne che morivano a causa di infezioni ed emorragie o riportavano lesioni permanenti. Questa consapevolezza spinse Trotula ad attuare una vera e propria rivoluzione. Così scrive all’inizio del De’ passionibus mulierum ante in et post partum: «la miserevole condizione delle donne […] mi ha indotta a trattare con chiarezza le malattie femminili al fine di poterle curare».
Il primo trattato di ginecologia della medicina occidentale
L’opera maggiore e più importante di Trotula, il De’ passionibus mulierum ante in et post partum, si presenta come un vero e proprio manuale di ostetricia, ginecologia e puericultura. Anzi può essere considerato il primo trattato sistematico di ginecologia, in cui i rimedi e le prescrizioni riguardavano aspetti specificamente femminili, come il ciclo mestruale, la gravidanza, il parto e i suoi rischi, l’allattamento, le difficoltà del concepimento, i disturbi fisiologici, le malattie dell’utero. In questo libro, accanto a trattamenti e concezioni tipici del suo tempo (Trotula affermava per esempio: «Se una donna non vuole concepire, ponga sulla propria pelle nuda la pelle di una capra che non abbia mai concepito» oppure: «Talvolta alle donne le mestruazioni vengono a mancare perché il sangue nei loro corpi si congela o si coagula») troviamo aspetti di sorprendente modernità, quali ad esempio l’attenzione all’igiene intima, consigli per la contraccezione oppure per rendere il parto meno doloroso. Allo stesso tempo, Trotula sfidava il maschilismo dell’epoca affermando che in caso di infertilità ci potevano essere cause dovute alla donna e altre dovute all’uomo.
La cura della bellezza femminile
La sua opera appare dunque scritta da una scienziata che ha consapevolezza dell’animo e della fisiologia femminili, un’attenzione che mancava alla maggior parte dei suoi colleghi maschi abituati ad avere a che fare soprattutto con uomini. Questa sensibilità e preparazione traspaiono anche nel De’ ornatu mulierum, trattato breve, che raccoglie quello che la tradizione araba, greca e latina aveva prodotto sulla cura della bellezza della donna.
Alle conoscenze acquisite con i suoi studi, Trotula sovrappone in questa opera la cultura popolare salernitana dell’estetica, fondata su una competenza straordinaria delle erbe officinali che venivano coltivate nei giardini dei monasteri ma anche in quelli privati, e la grande esperienza maturata nella sua vita professionale. Il risultato è il primo trattato organico di cosmesi della cultura occidentale, un’opera tutt’altro che frivola perché nella concezione medica medievale la bellezza era il segno di un corpo sano, dell’armonia con sé stessi e con l’universo.
Anche in questo testo “minore” emerge un approccio fatto di dialogo e di fiducia con le pazienti, che puntava sulla prevenzione e sull’anamnesi accurata prima di intraprendere una cura e che deprecava l’eccessivo, e spesso frettoloso, ricorso alla chirurgia con cui si fronteggiavano molte patologie. Trotula de’ Ruggiero è una figura di enorme importanza storica ma a lungo circondata da un alone di mistero per il suo essere donna e medico in un’epoca in cui ciò non era la norma.