Alle origini della guerra in Siria
CULTURA STORICA
La tragicità di un’istantanea in Siria, un paese di ventidue milioni di abitanti, va tuttavia moltiplicata per moltissime volte. Stando ai dati forniti dalle Nazioni Unite, la guerra civile in corso ha provocato finora oltre 100 000 vittime; ha spinto 4,2 milioni di siriani ad abbandonare le proprie case e altri 2,1 milioni a rifugiarsi all’estero, soprattutto in Libano, Giordania, Turchia, Iraq, Egitto e solo un terzo nei campi profughi allestiti dalle organizzazioni internazionali e non governative.
Gabriele Barbati
Dalle proteste alla guerra
Tutto è cominciato a Daraa, nel sud della Siria, a pochi chilometri dal confine con la Giordania. Nel marzo del 2011 alcuni giovani scrissero sul muro di una scuola degli slogan contro il presidente, Bashar Al-Assad. Le proteste che seguirono l’arresto dei ragazzi si tramutarono, dopo le prime violenze e retate delle forze di sicurezza, in una richiesta di diritti e democrazia sulla scia delle rivolte che avevano portato nei mesi precedenti alla caduta delle dittature in Tunisia ed Egitto. In pochi mesi le dimostrazioni si estesero a gran parte del paese chiedendo la fine del regime di Assad, iniziato quarant’anni prima dal padre Hafez e fondato su un potente esercito guidato da ufficiali di fede alawita, minoranza cui appartengono gli Assad e il 12% della popolazione siriana. Gli alawiti sono considerati una setta dell’islam sciita, corrente religiosa e politica originatasi nel VII secolo d.C. e opposta ai musulmani sunniti, che sono la maggioranza in Medio Oriente e in Siria.
Alla repressione militare i manifestanti risposero armandosi e dando vita, nell’agosto 2011, insieme con i primi militari disertori, all’Esercito Libero Siriano (ESL). Le diserzioni di soldati e ufficiali diventarono migliaia, senza tuttavia che più di qualche generale e personalità di governo finisse per voltare le spalle agli Assad. Il governo centrale fece intervenire l’artiglieria pesante e l’aviazione avviando una campagna militare che raggiunse il suo culmine all’inizio del 2012 nell’assedio di Baba Amr, un quartiere della città di Homs, nel centro della Siria, ritenuto una roccaforte dei ribelli. Le offensive dell’esercito regolare e la guerriglia degli insorti, ormai divisi in numerosi gruppi laici e di ispirazione islamica, si allargarono fino a coinvolgere il maggiore centro economico del paese, Aleppo, e successivamente la regione intorno alla capitale, Damasco.
Mentre il nord-est della Siria, a maggioranza curda, è rimasto ai margini dei combattimenti, il resto del paese ha visto battaglie sanguinose e ripetuti massacri da parte degli Shabiha, le milizie filogovernative. Come nel maggio 2012 a Houla o a Banyas, nel 2013, un anno dopo, centinaia di civili, inclusi donne e bambini, sono stati uccisi casa per casa, in quanto considerati sostenitori degli insorti. Questa seconda fase del conflitto ha visto un’evoluzione delle strategie - con massicci bombardamenti dell’aviazione da un lato e autobombe piazzate nel cuore di Damasco dall’altro - e degli schieramenti in campo. In aiuto al governo siriano, già sostenuto da comandanti e combattenti iraniani e iracheni, sono arrivati i miliziani di Hezbollah, il movimento sciita libanese che da decenni riceve armi e finanziamenti da Teheran via Damasco. Ai ribelli, frazionati in decine di gruppi solo in parte sotto l’ombrello dell’Esercito Libero Siriano, sono state fornite invece armi leggere e apparecchiature per le comunicazioni dalle monarchie sunnite del Golfo, con benestare degli Stati Uniti, attraverso i contrabbandieri attivi ai confini giordano e turco. Gli insorti hanno contato anche sugli armamenti ottenuti dopo la conquista di alcune basi militari e sull’arrivo dall’estero di migliaia di combattenti islamici, inquadrati in gruppi jihadisti sunniti affiliati ad Al Qaida. Se questi interventi esterni sono risultati spesso decisivi per la conquista di città o di strade strategiche, il conflitto rimane in stallo. Il regime controlla la capitale, le maggiori aree e arterie urbane e la costa mediterranea della Siria. Aleppo e Homs sono divise. I ribelli occupano buona parte delle aree rurali del paese, inclusa la periferia di Damasco.