Gli obiettivi della Conferenza
La Conferenza di Parigi si è aperta con obiettivi molto ambiziosi: uno di natura ambientale, uno di natura politica. Il primo riguardava l’impegno a contenere l’innalzamento della temperatura terrestre entro 2°C rispetto all’era preindustriale.
Il secondo si proponeva di coinvolgere positivamente i Paesi emergenti e quelli in via di sviluppo, contrari a qualsiasi limitazione che potesse in qualche misura rallentare le loro possibilità di sviluppo economico. Fino a questo momento, infatti, si sono trincerati dietro a una sola argomentazione: del cambiamento climatico si occupino i Paesi industrializzati, primi responsabili dell’attuale stato del Pianeta, e ci lascino perseguire liberamente il diritto allo sviluppo, compreso quello all’inquinamento, con le modalità che riteniamo opportune.
I risultati
L’Accordo raggiunto a Parigi, definito storico per le implicazioni ambientali, politiche, economiche, sociali che contiene, prevede:
- di contenere l’aumento della media del Pianeta ben al di sotto di 2°C, possibilmente entro 1,5°C rispetto all’era preindustriale;
- di abbandonare o di limitare al massimo l’impiego delle fonti fossili di energia entro il 2050;
- di raggiungere entro il 2050 il traguardo di zero emissioni nette ossia l’equilibrio fra le emissioni di gas-serra e la capacità del Pianeta di assorbirle;
- di istituire un fondo per gli aiuti ai Paesi emergenti e in via di sviluppo di almeno 100 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020 affinché possano perseguire gli obiettivi;
- controllare ogni cinque anni l’applicazione degli impegni assunti; la prima revisione avverrà nel 2025.
Quali differenze qualificanti rispetto al Protocollo di Kyoto?
L’Accordo ha una grande rilevanza sul piano ambientale e soprattutto sul piano politico, essendo il primo subordinato al secondo. I delegati dei 195 Paesi e delle Organizzazioni presenti, per la prima volta, hanno approvato pressoché all’unanimità (il Nicaragua ha votato no) un documento condiviso dai Paesi avanzati e da quelli in via di sviluppo che hanno riconosciuto che la conservazione di un buono stato di salute del Pianeta è obiettivo comune, poiché ogni cambiamento negativo si ripercuote indistintamente su tutti. Questa è la differenza più significativa rispetto al Protocollo di Kyoto, che pure è la premessa senza la quale non si sarebbe giunti al risultato attuale. Il Protocollo di Kyoto (del 1997; entrato in vigore nel 2005), infatti, era rivolto solo ai Paesi industrializzati, sui quali storicamente ricadeva la responsabilità di avere innescato e alimentato i cambiamenti climatici. Un’altra differenza di non poco conto è che mentre in base al Protocollo c’era la possibilità di comprare o vendere le quote di emissioni di gas serra assegnate a ciascun Paese, l’Accordo di Parigi indica un’unica strada: ridurre le emissioni, pur con le modalità più opportune individuate da ciascun Paese. Il nuovo Accordo è dunque più flessibile.
Le criticità
Alcuni aspetti dell’Accordo di Parigi presentano delle criticità che possono in parte vanificare l’obiettivo:
- il taglio delle emissioni è lasciato alla volontà dei singoli Stati e non sono previste sanzioni per chi non lo persegue;
- non è indicata l’entità della riduzione delle emissioni di gas serra e neppure rispetto a quale periodo (per il Protocollo di Kyoto era il 1990);
- non è prevista una carbon tax, ossia una tassa sulle emissioni di gas serra, che induca ad assumere modalità di produzione e di consumo più virtuosi.
La responsabilità degli Stati A intesa raggiunta, la responsabilità di applicazione passa nelle mani degli Stati. Il primo passaggio è la ratifica dell’Accordo da parte dei governi nazionali, che in teoria potrebbero rifiutarlo. La sua entrata in vigore, infatti, è subordinata al raggiungimento del consenso del 55% dei Paesi firmatari, che nel loro insieme devono raggiungere il 55% del totale delle emissioni mondiali di CO2. Inoltre, ogni Paese dovrà elaborare un piano strategico di breve, medio e lungo periodo per raggiungere gli obiettivi da comunicare alla segreteria dell’Accordo istituita presso le Nazioni Unite.