Italiano, comunicazione e soft skills

Alla scoperta delle abilità relazionali

IDEE PER INSEGNARE

La scuola, e più nello specifico ogni gruppo classe, rappresentano per gli studenti una preziosa opportunità di allenare le proprie competenze trasversali e abilità relazionali. Ma in che modo i docenti di italiano possono contribuire a questo esercizio? Per cominciare, vi suggeriamo alcune attività ad hoc da svolgere in aula per lavorare sulla comunicazione e la relazione.

di Fabio Caon, Annalisa Brichese

Per una definizione di soft skills

Spencer Kagan, uno dei padri dell’approccio strutturale del Cooperative Learning, scriveva (2000, p. 30):

«Come educatori, attualmente abbiamo di fronte un compito molto diverso da quello delle precedenti generazioni di educatori. Dobbiamo preparare gli studenti a un mondo che possiamo appena immaginare. Il mondo sta cambiando così velocemente che metà degli studenti che entrano nella scuola quest’anno troveranno il loro primo lavoro in un inquadramento professionale che ancora non esiste. […] Non possiamo più pretendere di preparare gli studenti con un bagaglio di informazioni a cui fare riferimento per tutta la vita. Le informazioni cambiano così velocemente che molti fatti e anche i sistemi concettuali che insegniamo ora, saranno superati prima che gli studenti si laureino e sicuramente durante i loro anni di lavoro. Data la situazione, c’è la necessità di puntare sulle competenze cognitive così come sui contenuti e preparare i nostri studenti ad agire adattandosi ad una varietà molto estesa di situazioni sociali.»

A conferma del valore delle “competenze cognitive” oltre a quelle tecniche, uno studio dello Stanford Research Institute International rileva addirittura che il 75% del successo di un lavoro a lungo termine dipende dalla padronanza delle soft skills e il 25% delle hard skills (o "competenze tecniche").
Ma cosa sono di preciso le soft skills?
In realtà, l’espressione pone una serie di problemi di ordine:

  • traduttologico: in italiano è stata tradotta con “competenze relazionali”, “abilità relazionali”, “competenze trasversali”, “abilità trasversali”, “competenze di base”, “abilità fondamentali”;
  • terminologico: non c’è una definizione univoca accettata universalmente e, per definire le stesse aree di competenza, i ricercatori hanno usato termini diversi, per esempio social skills, life skills;
  • contenutistico: i diversi enti che presentano le soft skills elencano, in realtà, diverse abilità.

Visto il nostro focus legato al contesto scolastico, questa premessa ha due conseguenze che ci portano a:

  1. affrontare il tema delle soft skills anche trattando le “abilità relazionali” che abbiamo sperimentato con docenti e studenti nella scuola secondaria di primo e secondo grado.
  2. rifarci alla definizione dell’Invalsi secondo cui le soft skills sono «competenze che aiutano gli individui ad adattarsi e ad assumere atteggiamenti positivi in modo da riuscire ad affrontare efficacemente le sfide poste dalla vita professionale e quotidiana […]. Le soft skills includono abilità sociali, comunicative e linguistiche, assertività, comportamenti e atteggiamenti che si manifestano a livello sia personale sia relazionale».

A partire dalla due parole chiave “personale” e “relazionale” della summenzionata definizione, e visto il taglio didattico di questo contributo, riteniamo che la scuola possa potenziare le abilità personali e relazionali attraverso:

  • la creazione di un clima di classe orientato alla comunicazione democratica;
  • l’utilizzo di metodologie didattiche fondate sullo sviluppo contemporaneo di abilità linguistico-comunicative e relazionali.

Per l’economia di questo contributo non ci sarà possibile approfondire entrambi i punti succitati, considerando l’ampio spazio dato alla dimensione metodologica in altri nostri articoli (La consapevolezza: una prospettiva didattica, La motivazione: una prospettiva didattica).

Il valore della competenza comunicativa

Entrando nel vivo della questione didattica, secondo i principi del costruttivismo (cfr. Caon, 2008) il dialogo, la comunicazione democratica e la condivisione sono essenziali per l’apprendimento, poiché consentono al soggetto di negoziare i significati, di ristrutturarli attivamente, di stabilire delle relazioni che, se positive, comportano l’aumento della partecipazione cognitiva e affettiva. Tale pratica sociale diventa poi strategica – in un rapporto di reciproco arricchimento – per lo sviluppo di abilità individuali. Secondo Carugati e Selleri (2001), infatti, «le interazioni sociali sono all’origine della costruzione di abilità individuali e […] possedere abilità individuali di una certa complessità permette all’individuo di partecipare successivamente ad interazioni sociali sempre più complesse».
I termini “dialogo” e “comunicazione”, per non restare etichette vuote, vanno riempiti di significati; come ricorda Watzlawick, infatti, “non si può non comunicare” e quindi qualsiasi atto in classe crea un tipo di comunicazione e un tipo di relazione.
Jean Jaurès affermava che «non s’insegna quello che si vuole, che si sa o che si crede di sapere, si insegna e si può insegnare solo quello che si è»: quello che noi siamo (i nostri atteggiamenti, le nostre emozioni, i tratti caratteriali) è costantemente mediato con il contesto e quindi con le persone con le quali ci relazioniamo e comunichiamo. La relazione è elemento fondamentale per definire “chi” siamo e “come” siamo e la relazione si attua tramite la comunicazione, sia essa verbale o non verbale. Quando comunichiamo costruiamo realtà nuove, creiamo e modifichiamo l’ambiente e il contesto con il quale ci rapportiamo.

Per queste ragioni, saper comunicare e potenziare la competenza comunicativa degli studenti è importante sia per raggiungere l’obiettivo che ci siamo posti (educare, istruire, informare ecc.) sia per definire e costruire l’identità, nostra e degli studenti come persone e cittadini.
Addentrandoci nel tema del valore della comunicazione e della relazione nella didattica, è fondamentale ribadire il rapporto di interdipendenza che si instaura tra emozioni, qualità della relazione e memoria, attenzione e apprendimento (cfr. il saggio sulla motivazione in Folio.net: La motivazione: una prospettiva didattica) come confermano anche i più recenti studi di neuroscienze (in ambito glottodidattico, cfr. Fabbro, 2004; Caon, 2008; Buccino, Mezzadri, 2015; Balboni, 2019).
Come ricordano Genovese e Kanizsa (1998, p. 345), «l’atmosfera di una classe non è […] qualcosa di casuale, ma in ampia misura il prodotto di atteggiamenti, comportamenti, scelte dell’adulto» e sarà quindi compito dell’insegnante e delle sue capacità comunicative raccordare le istanze dell’istituzione con le capacità, i ritmi, i bisogni e gli interessi degli studenti, curando anche la modalità di relazione tra i pari e con l’adulto.

La comunicazione, la relazione e il clima della classe

Gli studi sul “clima della classe” possono fornire interessanti spunti sugli aspetti comunicativi e relazionali: gli obiettivi fondamentali dal punto di vista relazionale sono, da un lato, quello di instaurare relazioni significative con i singoli studenti e, dall’altro, quello di far evolvere la classe nella direzione di un “gruppo” di lavoro inteso in senso socio-psicologico, ossia come una «pluralità di persone aventi scopi e funzioni comuni e che vivono sé stessi come gruppo, avendo sviluppato un senso di appartenenza affettiva e di apprezzamento rispetto agli altri componenti». (Togliatti, Rocchietta Tofani, 1990, p. 50).
Condizione necessaria alla realizzazione di un’evoluzione in senso socio-psicologico è che siano resi trasparenti gli obiettivi di ciascun sottogruppo. In una prospettiva educativa più ampia e a lungo termine, il clima di classe deve essere orientato alla “democrazia” (ovvero al dialogo, al confronto, al rispetto delle idee, ai diritti e doveri costituzionali che si agiscono anche dentro una classe) poiché, come hanno dimostrato numerosi studi (Glenn, 1972; Hawley, 1976; Angell, 1991), le percezioni dello studente di un clima di classe più aperto o democratico sono correlati con lo sviluppo di atteggiamenti più democratici.
Tali atteggiamenti hanno stretta attinenza con le competenze trasversali e le abilità relazionali che possono essere applicate dal docente e “insegnate” agli studenti (nei prossimi paragrafi abbiamo distinto i comportamenti impiegati dai docenti e le soft skills che implicitamente si promuovono negli studenti).
Le linee di un atteggiamento democratico e di un processo di gestione consapevole della relazione dei gruppi interni alla classe possono essere riassunte in quattro punti fondanti.

1. La cooperazione
(soft skills: capacità degli studenti di pianificare e progettare e capacità di lavorare in gruppo)
Abbiamo parlato dell’apprendimento cooperativo nel nostro contributo sulla motivazione per Folio.net (La motivazione: una prospettiva didattica): qui ci interessa sottolineare come una delle caratteristiche peculiari del lavoro di gruppo cooperativo sia l’abbinamento fra responsabilità individuale e riconoscimento di gruppo. La cooperazione agisce contemporaneamente sul piano cognitivo, emotivo e relazionale promuovendo in classe un clima di attenzione all’altro e di prosocialità. Il valore del singolo e del gruppo, quindi, trovano nell’attività cooperativa una loro positiva sintesi e una possibilità di realizzazione operativa.

2. Il comportamento di leadership democratica del docente
(soft skills: autonomia e flessibilità degli studenti)

La leadership democratica del docente promuove un “senso del noi” a cui si associa una maggior disponibilità da parte degli studenti a esprimere il loro punto di vista, a dimostrare un maggior senso di lealtà e di gentilezza. Inoltre influenza il clima sociale della classe sia per quanto attiene ai comportamenti individuali sia nelle interazioni sociali.
Lo studio di Allman-Snyder, May, Garcia (1975) ha classificato le classi in “aperte” o “tradizionali” principalmente sulla base dei comportamenti dell'insegnante, che può essere una figura autoritaria che presenta le lezioni, impone regole e limita la partecipazione degli allievi, oppure può essere “aperto”, un facilitatore che incoraggia l’insegnamento e l’interazione fra pari e questo porta gli studenti a scegliere metodi più democratici per risolvere i conflitti. Un attributo fondamentale quindi è la discussione aperta, caratterizzata dalla libera espressione e dallo scambio di diversi punti di vista.
A tal riguardo, Hawley (1976) notò nei suoi studi sulle opinioni di studenti che c’è una stretta correlazione positiva tra il rispetto dell’insegnante per le idee dello studente e l’interesse dello studente per il punto di vista dei compagni e la tolleranza dello studente per le idee degli altri.
Un clima di classe orientato al confronto di idee, alla cooperazione e alla negoziazione dei significati (si vedano le abilità relazionali) potenzia l’autonomia degli studenti nell’esporre i propri punti di vista e la flessibilità per poter ascoltare attivamente gli altri e imparare a mediare tra le diverse posizioni.

3. Il comportamento verbale del docente
(soft skill: capacità degli studenti di comunicare)

Ci sono comportamenti “orientati all’allievo” (l’insegnante loda, accetta, struttura i problemi) e quelli orientati all’insegnante stesso (è direttivo, rimprovera, controlla); il rapporto fra le frequenze osservate fra questi due tipi di comportamento discrimina i diversi livelli di interazione. Secondo Angell (1991), i docenti che pongono domande convergenti tendono a generare una maggiore partecipazione nel modo di elaborare o indovinare la risposta giusta ma poca interazione fra gli studenti: i livelli di attenzione solitamente sono bassi e l’insegnante viene percepito come controllore delle conoscenze. Le domande divergenti, invece, consentono la partecipazione di un numero minore di studenti ma provocano una maggiore diversità e ricchezza di opinioni, motivano gli studenti a condividere le idee degli altri e a rispettare il processo di partecipazione alla discussione. Un altro tema molto rilevante è quello approfondito da Regini e Brichese (2020) sulle pratiche discorsive che si focalizzano su come il modo di comunicare del docente (strutturare domande ecc.) abbia profonde influenze sulla qualità della relazione in classe.

4. Creare una comunicazione trasparente e una relazione significativa tra docente e studente
(soft skills: capacità degli studenti di pianificare e progettare; conseguire obiettivi e negoziare)

L’ultimo aspetto che vorremmo trattare a proposito della dimensione sociale riguarda la creazione di quella che chiamiamo “relazione significativa” (rifacendoci alla categoria di apprendimento significativo di Rogers, 1969) tra docente e singoli studenti e che può contribuire a rendere le differenze un valore. Perché si instauri una relazione significativa (cfr. Caon, 2008) tra docente e studente occorre che vi siano come presupposti:

  • attenzione esplicita dell’insegnante ai bisogni dell’apprendente, ai suoi progetti di vita e al ruolo che la lingua insegnata (materna, ma anche seconda o classica) può rivestirvi;
  • capacità del docente di spiegare chiaramente i principi educativi che stanno alla base della propria didattica e le motivazioni soggiacenti ad alcune scelte metodologiche, negoziando esplicitamente e accogliendo, dove possibile, le richieste degli studenti senza per questo rinunciare alle necessità dettate da curricoli o da indicazioni della scuola.

In linea, dunque, con il principio che l’efficacia dell’attività didattica dipende in buona parte dalla capacità di condividere modalità di lavoro che siano comprese, riconosciute come vantaggiose e accettate da tutti e dalla capacità del docente di «consentire a chi impara di farsi carico della propria personale costruzione di significato» (Novak, 1998, p. 20), le parole chiave che rappresentano gli obiettivi relazionali sono trasparenza e corresponsabilità.
Il rendere trasparente e significativa la propria azione didattica attraverso la negoziazione e la corresponsabilizzazione di tutti i soggetti favorisce l’instaurarsi di una relazione di fiducia che può permettere allo studente di accettare anche compiti gravosi e impegnativi o distanti dai suoi interessi e bisogni spontanei.
Tali compiti possono esser più facilmente accettati in virtù:

  • del riconoscimento dell’autorevolezza conquistata dal docente nella relazione;
  • della consapevolezza che l’azione dell’insegnante è fatta nell’interesse del discente ed è orientata verso la sua promozione in quanto persona prima ancora che apprendente.

Dalla teoria alla pratica: alleniamo le soft skills e le abilità relazionali degli studenti

L’incidenza della dimensione comunicativa e relazionale rispetto all’apprendimento e alla riflessione sul tipo di relazione che si vuol stabilire in classe è l’aspetto fondamentale di un approccio “umanistico” (cioè rivolto alla persona anche intesa come “animale sociale” secondo la celebre definizione di Aristotele) alla didattica dell’italiano.
Come abbiamo accennato in apertura, però, l’approccio, deve poi declinarsi in una serie di scelte metodologiche e in attività che lo realizzino coerentemente. Tra le varie piste di lavoro possibili ci concentreremo sullo sviluppo di alcune soft skills e di alcune abilità relazionali (per una trattazione esaustiva cfr. Balboni, Caon, 2015) che hanno attinenza diretta con le più volte citate “attenzioni” e “capacità” del docente. Esse, infatti, non sono “naturali”, sono frutto di un esercizio consapevole che può esser promosso dal docente sia verso sé stesso sia verso il gruppo classe.

Di seguito proponiamo una serie di attività didattiche mirate al potenziamento di soft skills e abilità relazionali utili per favorire un atteggiamento democratico basato sui diritti e doveri su cui si fonda la nostra Costituzione.
Le soft skills che tratteremo sono:

  • capacità di conseguire un obiettivo;
  • capacità di comunicare;
  • capacità di gestire le informazioni;
  • capacità di lavorare in gruppo;
  • flessibilità;
  • problem solving;
  • leadership.

Allo stesso tempo, le abilità relazionali (cfr., per una trattazione esaustiva, Balboni, Caon, 2015) che andremo a esplorare sono:

  1. saper osservare (decentrarsi e straniarsi): cogliere i diversi punti di vista degli attori della comunicazione, sviluppando la capacità di decentrarsi (distacco “fisico”, ovvero guardare sé stessi da un altro punto di vista cogliendo la propria relatività) e straniarsi (distacco emotivo) assumendo una posizione “terza”;
  2. saper relativizzare: mettere in discussione l’unicità del proprio punto di vista imparando ad accettare la parzialità del nostro sguardo;
  3. saper gestire il giudizio: sospendere il giudizio che porta la persona dall’immediata sequenza “vedo-giudico” a una “gestione del giudizio” per evitare valutazioni orientate da pregiudizi e stereotipi e invitare alla ricerca di informazioni più accurate e approfondite sull’interlocutore e sui suoi comportamenti;
  4. saper ascoltare attivamente: ascoltare l’altro significa cercare di comprendere le possibili premesse implicite che sottendono il suo comportamento o linguaggio e che possono essere diverse dalle nostre senza giudicarle (almeno fino a che non si sono comprese e verificate nel dialogo);
  5. saper comunicare emotivamente (empatizzare ed exotopizzare): capacità di partecipare attivamente allo stato emozionale dell’interlocutore riconoscendo la “qualità” del suo vissuto emotivo ma riconoscendo anche di essere “altro” rispetto a lui/lei. La conseguenza è la ricerca di un punto di equilibrio tra interesse e partecipazione umana (empatia) e distacco consapevole (exotopia).
  6. saper negoziare i significati: co-costruire un discorso comune fra persone che “interpretano delle culture” è, oltre che un’abilità, anche la sintesi di tutte le altre, il punto di arrivo in comunicazione interculturale.

Scarica le attività

Per studenti della Scuola secondaria di primo e di secondo grado

Attività 1. “I regali nel mondo”: pone l’attenzione sulla possibile lettura distorta del messaggio quando questo è interpretato da chi ascolta sulla base delle proprie esperienze e della cornice culturale a cui appartiene. L'obiettivo è quindi sensibilizzare a considerare il contesto, la cultura o il punto di vista dell'altro come elemento della comunicazione.
Soft skills allenate: capacità di comunicare; capacità di gestire le informazioni.
Abilità relazionale allenata: saper gestire il giudizio.

Attività 2. “La tovaglia degli esperti”: attraverso il Cooperative Learning (una delle metodologie presentate sopra), guida gli studenti alla riflessione, sia individuale sia di gruppo, su quali contenuti appresi in contesto scolastico siano più utili nella vita quotidiana e professionale.
Soft skills allenate: capacità di lavorare in gruppo; flessibilità; problem solving.
Abilità relazionali allenate: saper relativizzare; saper negoziare i significati.

Attività 3. “Esercitiamoci con il debate”: allena gli studenti allo sviluppo delle proprie capacità oratorie.
Soft skill allenata: capacità di comunicare.
Abilità relazionali allenate: saper osservare (decentrarsi); saper comunicare emotivamente (empatizzare).

 

Per studenti del triennio della Scuola secondaria di secondo grado

Attività 4. “Che tipo di leader sei?”: si sofferma sui diversi modelli comunicativi declinati rispetto sei stili di leadership di Goleman (2004) per far riflettere gli studenti su quali e quanti diversi stili comunicativi esistano e come il modo in cui si comunica incida sul raggiungimento dei propri obiettivi.
Soft skills allenate: capacità di conseguire un obiettivo; leadership.
Abilità relazionali allenate: saper ascoltare attivamente; saper comunicare emotivamente.

Conclusioni

In conclusione di questo contributo vorremmo però soffermarci sul ruolo fondamentale che l’insegnante di lettere ha in questo processo. Per farlo ci rifacciamo alle parole di Tullio De Mauro (2018) secondo cui «una lingua, voglio dire una lingua materna in cui siamo nati e abbiamo imparato a orientarci nel mondo, non è un guanto, uno strumento usa e getta. Essa innerva la nostra vita psicologica, i nostri ricordi, associazioni, schemi mentali. Essa apre le vie al con-sentire con gli altri e le altre che la parlano ed è dunque la trama della nostra vita sociale e di relazione, la trama, invisibile e forte, dell’identità di gruppo».
È dunque nella convinzione del valore straordinario della lingua italiana – poiché fondante l’identità personale, le relazioni più intime (si parla appunto di lingua materna) e l’appartenenza di gruppo – che riteniamo si possa trovare il terreno più fertile per far crescere l’idea della natura sociale dell’essere umano e della responsabilità che ogni atto comunicativo, ogni scelta linguistico-grammaticale comporta verso sé stessi e verso gli altri.

Referenze iconografiche: Rawpixel.com / Shutterstock

 

Fabio Caon è professore associato di Didattica delle lingue all'Università Ca’ Foscari di Venezia, dove insegna Linguistica educativa, Comunicazione interculturale e Didattica della letteratura. Dirige il Laboratorio di comunicazione interculturale e didattica (LABCOM) a Ca’ Foscari.

Annalisa Brichese è formatrice del Centro di Ricerca in Didattica delle Lingue (CRDL) sui temi della didattica inclusiva e della valutazione e cultrice di materia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Insegna italiano, storia e geografia nella Scuola secondaria di primo grado ed è docente di italiano L2 nella Scuola primaria, nella secondaria di primo e secondo grado nonché nei corsi per adulti.

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