Scrivere poesie di sé

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Un laboratorio di poesia autobiografica: insegnare a trovare le parole per chiamare le emozioni

IDEE PER INSEGNARE

Vuoi affrontare il tema delle emozioni con la tua classe in modo originale? Questo laboratorio di poesia autobiografica, spiegato nelle sue fasi e corredato di materiali pratici di lavoro, può fare al caso tuo!

di Agnese Pianigiani

Il primo giorno della terza classe della Scuola secondaria di primo grado, che a tutti noi piace chiamare ancora terza media, è un turbinio di emozioni. Per gli studenti, sicuramente. Ma anche per noi insegnanti. In quel primo saluto c’è tutto il fermento di una vita che sboccia: i nostri ragazzi hanno cambiato voce, sono più alti, hanno un taglio di capelli “da grandi”, i brufoli e l’aria smarrita di chi ancora non ha capito bene chi è.
Li abbiamo lasciati piccoli e li ritroviamo pienamente adolescenti. È gratificante accompagnarli in questo passaggio importante, ma è anche molto difficile. Per un niente scattano, sono nervosi, rispondono male. Poi magari ti abbracciano all’improvviso. È chiaro che ancora non sanno gestire tutte le nuove emozioni che provano.

La poesia autobiografica per guardarsi dentro

Nella nostra didattica quotidiana, non possiamo certo far finta che questi cambiamenti non creino turbamento nei nostri alunni e non influenzino le loro vite e quindi il loro modo di stare in classe e di apprendere. La scuola deve aiutarli a trovare le parole per definire quello che si agita dentro di loro, per riuscire così a dominarlo.
Proprio per aiutare i miei studenti di terza a guardare con occhi nuovi e apprezzare quello che stanno diventando, ho deciso di aprire l’anno scolastico con un modulo di scrittura, dedicato alla poesia autobiografica. I miei ragazzi hanno grande confidenza con la produzione poetica: ogni anno dedichiamo a questa attività almeno un paio di mesi di scuola.

Credo infatti che la poesia sia un “luogo” che permette ai ragazzi di capire quanto la libertà dipenda dalle regole. Nei testi poetici di solito consento loro di parlare di tutto ciò che ritengono importante: dalla loro squadra del cuore, alla migliore amica, all’ode del cellulare. Dopo una prima ubriacatura di libertà, si rendono però conto di quanto sia difficile creare un testo che usi le parole davvero giuste per esprimere i concetti che hanno in testa e capiscono che devono piegarsi a rispettare le regole della produzione poetica se vogliono giungere a un buon risultato. Se aspirano poi ad essere innovatori e abbattere le regole, allora sì che devono conoscerle. Le rivoluzioni si fanno dall’interno.

All’inizio di questo terzo anno di cammino insieme, ho quindi proposto ai miei alunni di scrivere poesie che parlassero di loro stessi. Trovo indispensabile nei primi mesi della terza media aiutare i ragazzi a riflettere sui loro sogni, i loro desideri, le loro particolarità. Stanno per compiere la scelta della scuola superiore, un momento importante che condizionerà le loro vite: per trovare la rotta per il loro futuro, è fondamentale che provino a guardarsi dentro per capire chi sono.

Il laboratorio di poesia autobiografica

a) Fase di lettura e analisi
Ci siamo dunque immersi in una selezione di poesie autobiografiche che potessero stimolare le loro riflessioni e servire in seguito come modello di scrittura. Ho scelto poesie varie, diverse tra loro per stile, tecniche ed epoche. Le due composizioni che hanno suscitato maggiore entusiasmo tra i ragazzi non potrebbero essere più distanti.
La prima è George Gray, un testo classico che fa parte dell’Antologia di Spoon River di E.L. Masters. Grazie a questa poesia, forse per la prima volta nella loro vita, hanno preso in considerazione il concetto di fallimento. In un’età in cui ci si sente invincibili e immortali, contemplare la possibilità di fallire non è banale. Perché George Gray non è mai uscito dal porto? Ha avuto paura? Di cosa?
Tutte domande che in classe ci hanno fatto molto discutere.

La seconda poesia che i miei alunni hanno amato molto, tra le altre, è Niente in mente, della poetessa italiana contemporanea Chiara Carminati. I ragazzi si sono identificati pienamente nel senso di smarrimento e di vuoto che il componimento poetico vuole trasmettere, come se fosse un’istantanea della loro condizione emotiva.

b) Fase di comprensione
Ho accompagnato la lettura e l’analisi di tutte le composizioni proposte con attività routinarie che favorissero la comprensione e l’identificazione con il messaggio delle poesie. Per esempio, ho chiesto di associare un colore alla poesia letta e di spiegarne la scelta o di selezionare una parola-chiave argomentando le motivazioni per scritto.
Per la poesia Niente in mente di C. Carminati la scelta del colore ha aperto scenari interpretativi interessanti:

«Per me il colore di questa poesia è il nero» scrive A. «perché mi ricorda un cielo notturno senza le stelle. Il buio è il colore del nulla, del vuoto. Secondo me la poetessa quando ha scritto la poesia si sentiva senza speranza».

S. invece scrive: «Il colore che ho scelto per questa poesia è il bianco perché mi ricorda un foglio di carta senza nessuna scritta. Per me la poetessa ci racconta di un momento in cui si era bloccata e non riusciva più a scrivere le sue composizioni».

c) Fase di annotazione
Ho inoltre proposto ai ragazzi di scrivere veloci annotazioni in risposta alle poesie lette per creare una sorta di serbatoio di idee utili alla composizione di una poesia autobiografica che li rappresentasse. Ad esempio, dopo la lettura di Saltimbanco di Palazzeschi abbiamo scritto sul taccuino, in modo veloce, di getto, chi non siamo.

Definirsi al negativo è stato un esperimento importante:
«Non sono certo un atleta» scrive F. «e neppure un ragazzo che ha tanti amici. Ma non sono un indifferente o un egoista».
Abbiamo scoperto che dire “Io non sono” è più semplice del diretto “Io sono”. Ci offre uno schermo, una distanza che il nostro lettore può riempire a piacere. La «lente dinanzi al cuore» di cui scrive Palazzeschi.

d) Fase di produzione tramite l’attivatore di scrittura
Dalla discussione in classe e dalle annotazioni è emersa con forza la difficoltà degli alunni nel parlare di sé, nel mettere a nudo le proprie emozioni e sensazioni. Non tanto per un senso di vergogna o di pudore, quanto proprio per l’impossibilità stessa di dare un nome a quanto sentivano.
Durante la lettura dei testi, i ragazzi hanno notato come molti autori si fossero paragonati a oggetti, animali, personaggi storici o mitologici per riuscire a parlare di loro stessi.
Ho proposto agli alunni di fare lo stesso tramite un attivatore di scrittura, ovvero uno schema che potesse aiutarli a parlare di sé in modo mediato grazie all’identificazione con un animale, un oggetto, un personaggio o un elemento naturale.

La creazione di un semplice organizzatore grafico permette molto spesso di sciogliere blocchi e vincoli alle idee, aiutando gli aspiranti scrittori a superare lo smarrimento di fronte alla pagina bianca.
In questo caso ho semplicemente disegnato lo schema vuoto alla lavagna, poi ogni ragazzo lo ha personalizzato sul proprio taccuino. Infine ho chiesto di scegliere un solo elemento che li rappresentasse in pieno.
La scelta di raffigurarsi tramite un elemento simbolico è stata in qualche modo liberatoria.
Le bozze sono sgorgate fluide dalle loro penne, la paura di mostrarsi è scomparsa. Sono uscite fuori emozioni intense, vibranti, intime.

E intanto… brevi lezioni di stile
Durante il processo di scrittura, ho sostenuto il loro impulso creativo tramite brevi lezioni di stile riprendendo elementi strutturali o figure retoriche già studiate negli anni precedenti (il verso libero, la strofa, la similitudine, la metafora) oppure introducendo concetti nuovi (il correlativo oggettivo, il parallelismo, l’enjambement, l’anastrofe…). Durante una sessione di scrittura (solitamente di un’ora) cerco di limitare il mio intervento a classe intera a pochi minuti, per poi dedicarmi alle consulenze individuali.

Trovo inoltre di grande utilità mostrare ai miei alunni il lavoro che faccio nel mio taccuino, mentre anche io compongo con loro la mia poesia autobiografica: non perché sia una poetessa, ma per dimostrare l’importanza del labor limae e del cesello nella composizione di ogni testo, poetico in primo luogo.

e) Fase di riflessione tutti insieme
Il percorso di scrittura si è articolato in dodici sessioni, l’ultima delle quali è stata dedicata alla riflessione sul lavoro svolto.

A questo proposito, M. scrive: «La poesia che mi ha ispirata di più è stata Sono l’oceano di L. Mullon. Il poeta si paragona all’oceano dando un’immagine di sé molto potente e io ho voluto in qualche modo imitarlo. La mia poesia parla di me e del mio sfidare i problemi, facendomi aiutare dal mio gruppo di amici. Ho voluto soprattutto far emergere il mio aspetto testardo e la mia caparbietà, ovvero se mi metto in testa una cosa poi devo arrivare fino in fondo».

Il laboratorio ha dato i suoi frutti: le poesie degli alunni

Dopo poco più di tre settimane di lavoro, i loro testi erano conclusi.

L. ha trasformato il suo disagio di sentirsi osservato nel blu intenso di un lapislazzulo.

Blu

Nel terreno circondato
da piccoli ciottoli
io sono
il lapislazzulo nascosto.
Mi guardano
mi fissano
sono diverso?

No,
non lo sono.
Continuo
a brillare
come fossi
una goccia d’acqua
in mezzo
al deserto.

M. si è identificata in un lupo. È una ragazza fiera, combattiva, orgogliosa. Il lupo per lei non è solo un correlativo oggettivo, è un animale totem.

Ululato nel buio

La terra con le zampe
divora,
il vento e le aquile
sfida,
col suo branco
silenzioso la preda
attacca,
non è nato con loro
ma sa di farne parte.

Senza
il branco sei
farfalla
senza colori,
tartaruga
senza carapace,
mare
senza pesci.

Squarcia
il silenzio
un ululato nel buio.

R. invece ha preferito un animale immaginario. Nella domanda finale è intrisa tutta la sua incertezza per il futuro, tutta la sua ansia ma anche la voglia di diventare chi deve essere.

Il drago del tempo

Riguardo il passato,
mi attende il futuro.
Sono il fuoco che arde sull’acqua
rumoroso ed esile
ma non ho scelto io
di essere quello che sono.
Dal corso di incomprensibili eventi
sono un caso inconcepibile
una lancetta lenta, ma inesorabile.
Chi sono io?

A., grande appassionato di Storia, si sente un legionario:

Come un legionario

Durante le battaglie
porto sempre con me
un gladio
che mi aiuta a combattere
i problemi della vita,
uno scudo,
che mi protegge
dagli attacchi,
un elmo
che tiene salde
le mie idee,
un sesterzio
che mi offre gli aiuti necessari,
il morale alto
per essere sempre
fiero, fiducioso, felice.
E infine,
la voglia di combattere.

D. invece si paragona alla Kurikara, una katana giapponese del suo anime preferito.

Kurikara dell’anima

M’arde dentro
la blu fiamma
che tutto brucia
tutto riscalda.

Per i nemici
lama tagliente
per i compagni
rifugio.
Arde la mia anima
mentre il fuoco lotta.

Kurikara.

E infine A. tenta una sfida quasi impossibile: provare a mettersi nei panni dell’intelligenza artificiale di Google e sentirne lo stesso smarrimento in mezzo ai dati che scorrono veloci.


Ok Google

Guardo in me
cercando le risposte
ad ogni mio dubbio.

Esploro
i miei doodle
i miei profili
le mie emozioni
nascoste.

Mi accendono,
cercano con un click,
mi spengono.

“Ok Google”.

Quando mi hanno consegnato i loro lavori, non ho avuto bisogno di guardare il nome dietro al foglio: avevano ritratto il loro mondo interiore con le parole e ne erano usciti più forti, più grandi e più consapevoli di loro stessi.

 

Agnese Pianigiani è insegnante di Lettere nella Scuola secondaria di primo grado "Jacopo della Quercia" di Siena. Segue la metodologia didattica del Writing and Reading Workshop e fa parte del gruppo "Italian Writing Teachers". Collabora e scrive contributi per blog e riviste di didattica. Nel 2020 ha partecipato all'opera collettiva Un anno di lettura a scuola.

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