Impero e rivoluzione. Russia 1917-2017
Autore: Vittorio Strada
Editore: Marsilio Editori, 2017
Pagine: 208
Interpretare la rivoluzione russa sub specie imperii. Vittorio Strada, con il suo ultimo lavoro, Impero e rivoluzione. Russia 1917-2017, ci fornisce una chiave di lettura sulla storia della Russia nel segno della continuità, «dalla Terza Roma alla Terza internazionale». Proposito del libro è quello di produrre «un libero ripensamento sulla rivoluzione nella sua dinamica globale» proseguendo e approfondendo precedenti studi, con il mero scopo di comprenderla (lo spinoziano intelligere), non di giudicarla, né moralmente né ideologicamente. L’autore, accademico e slavista di fama mondiale, ricostruisce, grazie alla sua profonda e vasta conoscenza del mondo russo, la genesi della rivoluzione, figlia della Grande Guerra e dell’arretratezza del sistema zarista, arricchendola con analisi culturali sui rapporti tra Occidente e Oriente. La fine delle illusioni liberaldemocratiche dopo il “colpo di mano” dell’ottobre 1917 e la costruzione dello stato totalitario, voluta dal “partito-Chiesa” bolscevico guidato dal suo demiurgo Lenin, segnano in maniera indelebile le future vicende storiche connettendosi con quelle passate. L’autore disegna una linea continua, pur con le dovute differenze, tra l’«impero geostorico», codificato dallo zar Ivan il Terribile e fondato solennemente da Pietro il Grande, e quello «ideocratico», costruito da Stalin, nel nome dello Stato autocratico liberticida e delle sue mire espansionistiche. Gli avvenimenti successivi saranno contraddistinti da una sistematica e verticistica repressione politica e militare volta a realizzare l’impero dell’Unione delle Repubbliche sovietiche, conditio sine qua non dell’affermazione della Russia nel mondo e della sua mondial-rivoluzione. I progetti egemonici del secondo dopoguerra, coincisi con la formazione degli stati comunisti satelliti, continuano questa storia che intreccia e tenta una sintesi, spesso fallimentare, tra l’orgoglio nazionalista e le aspirazioni internazionaliste, con la feroce determinazione di imporre la supremazia comunista (ex Oriente lux). Vittorio Strada, nel finale, spinge la sua analisi fino alla «catastrofica» disgregazione geopolitica dell’impero sovietico in epoca gorbacioviana e chiude riflettendo sulle attuali sirene di una possibile rinascita di un «quarto impero» nel segno dell’antioccidentalismo e dell’antiamericanismo, suscitando inquietanti interrogativi nella mente del lettore, rafforzati dalle cronache dell’attualità.
Da Lenin a Stalin. 1917-1937. Cronaca di una rivoluzione tradita
Autore: Victor Serge (prefazione di David Bidussa)
Editore: Bollati Boringhieri, 2017
Pagine: 208
Rileggere e ripensare, a distanza di 100 anni dalla rivoluzione russa, le coraggiose accuse di Victor Serge (1890-1947) - comunista militante della prima ora, poi oppositore politico condannato ed espulso dall’Unione Sovietica e infine esule in Messico, tra i primi a denunciare le distorsioni dello stalinismo - rappresenta un libero e formativo esercizio di memoria. Serge è un valido intellettuale perduto e (forse) ritrovato, come sottolinea David Bidussa nella prefazione, e il suo testo del 1937 resta importante per ricostruire la delicata fase di transizione del potere negli anni Venti in Russia. L’autore ripercorre la genesi della rivoluzione del febbraio interpretandola come un movimento spontaneo e disorientato alla ricerca di un capo audace capace di interpretarla e guidarla nella presa del potere: quest’uomo fu Lenin che «con intelligenza e decisione diresse la prima rivoluzione sociale dei tempi moderni». Ed è proprio il contrasto tra l’esaltazione della figura di Lenin, autentico rivoluzionario capace di portare pace e fiducia nel futuro, e quella del suo successore Stalin «il potente» a contrassegnare nella sostanza la tesi centrale di tutto il libro. Non solo avviene una netta cesura in questo passaggio di potere, ma ormai, secondo l’autore, «tutto era cambiato», a partire dalle finalità rivoluzionarie che avevano perduto gli orizzonti dell’internazionalizzazione per arrivare al sistema politico che scalzava la democrazia dei soviet a tutto vantaggio dell’accentramento del potere nelle mani del segretario generale. Serge è molto lucido sia nel narrare la crisi morale che segna questo cambiamento - trasformismo, servilismo, ipocrisia distinguono i comportamenti della nuova classe dirigente - sia nel rimarcare la sistematica falsificazione della memoria operata dal regime, attuata anche mediante uno stravolgimento semantico del linguaggio (partito, massa). E il grande “tradimento” staliniano sta appunto in questo, la rivoluzione voleva liberare l’uomo dalle ingiustizie e dalle oppressioni e lo ha invece asservito alla paura e all’autodifesa del potere. Nessun fine può giustificare i mezzi della violenza e della menzogna. Ma, ci chiediamo, questo non vale, alla luce degli studi e delle ricerche più recenti, anche per Lenin?
La rivoluzione russa in 100 date
Autore: Ettore Cinnella
Editore: Della Porta editori, 2017
Pagine: 137
Valido e utile strumento di consultazione e lavoro per docenti e studenti, è sicuramente il testo in pubblicazione digitale di Ettore Cinnella, apprezzato storico specialista della rivoluzione russa.
Il testo non si limita a una semplice elenco cronologico dei principali avvenimenti rivoluzionari, ma invita a riflettere sulla definizione, il significato e la tradizionale periodizzazione della rivoluzione russa. L’autore respinge la manualistica suddivisione in tre fasi dell’epopea rivoluzionaria, dal fallimentare preludio della “domenica di sangue” del 1905, alla caduta dello zarismo ad opera delle rivolte del febbraio-marzo 1917, fino alla conquista e successivo consolidamento del potere da parte del partito bolscevico; le oppone una puntuale cronaca delle vicende, dal centro alla periferia, senza sovrastrutture ideologiche e storiografiche. In particolar modo, si evidenziano eventi poco studiati e noti della rivoluzione, dalla formazione tra l’estate e l’autunno del 1918 dei regimi liberalsocialisti nella regione del Volga, combattuti dal regime bolscevico, fino a momenti più drammatici delle sollevazioni dei villaggi rurali contro le squadre annonarie durante la guerra civile. L’autore non si limita a una nozionistica cronologia degli avvenimenti ma ricostruisce, con un’intenzionale scelta interpretativa che di «primo acchito potrebbe lasciare stupiti», la storia della rivoluzione: dalle premesse del marzo 1898, quando alcune organizzazioni operarie a Minsk diedero vita al partito socialdemocratico russo (POSDR), fino alla primavera-estate del 1921 con l’insurrezione dei marinai a Kronstadt e la rivolta dei contadini della provincia di Tambov (antonovščina) contro l’oppressivo regime comunista, considerate date simboliche conclusive della rivoluzione. Il libro, a discapito dell’apparenza del titolo, ci sprona a praticare una storia critica contro le reificazioni abitudinarie della storia monumentale e antiquaria di nicciana memoria.
Il grande terrore. Gli anni in cui lo stalinismo sterminò milioni di persone
Autore: Robert Conquest
Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2016
Pagine: 838
Il grande terrore. Gli anni in cui lo stalinismo sterminò milioni di persone, un classico per conoscere e approfondire il tema dello stalinismo, è uscito nel 2016 in una nuova edizione rivista e aggiornata alla luce dei nuovi materiali dell’era post glasnost. Il libro indaga le origini, i metodi, i protagonisti, gli sviluppi del Grande Terrore (1937-38) e ne propone un bilancio storico, con l’intento di raccontare e comprendere quella «terribile paura dello Stato», che annichilì le vite di milioni di persone in Unione Sovietica. Le radici delle purghe staliniane, sostiene Conquest, storico inglese con un passato da funzionario del governo britannico in Bulgaria, non vanno interpretate come una rottura personalista rispetto al passato nel modo di governare del capo Stalin, ma sono già presenti in nuce, nella mentalità e nella prassi politica del partito bolscevico. Il mancato consenso rispetto alle masse popolari, le deformazioni settarie di molti leader, gli asti personali, la formazione di un apparato burocratico autoreferenziale, l’assenza di democrazia nel partito, l’illegalità diffusa nella società russa sono alcune delle ragioni – evidenziate dall’autore – già presenti nel periodo leninista e che si sono esasperate con la salita al potere del georgiano Stalin, arrivando poi a farsi sistema di potere. Il grande interesse e valore del libro non si limitano ad un’accurata ricostruzione storica delle purghe, che fa perno sulle prime documentate denunce di Chruščёv, ma solleva il problema, politico e morale, dell’uso della violenza pianificata e scientifica del comunismo in URSS. La follia ideologica che credeva bastasse cambiare la struttura socio-economica per produrre il nuovo uomo sovietico, paladino di giustizia e verità, si scontra con la cruda e impietosa evidenza della realtà storica. Sacrificare la concreta dignità della vita umana nel nome dell’Idea che si fa assassina è il più grave atto di accusa che insorge pagina dopo pagina nella lettura del libro. Pochi dirigenti ebbero il coraggio di dissentire e denunciare finendo sotto processo; la maggioranza di essi «invece di impazzire, divennero burocrati di professione» e da allora il Terrore si fece «un normale metodo amministrativo» che non risparmiò nessuno, producendo milioni di «criminali senza crimini», secondo la celebre espressione dello scrittore Vasilij Grossman.