Lutero: gli anni della fede e della libertà
Autore: Adriano Prosperi
Editore: Arnoldo Mondadori, 2017
Pagine: 580
Adriano Prosperi, docente di Storia moderna e professore emerito della Normale di Pisa, dedica un volume ponderoso all’analisi di un evento-matrice della storia moderna quale è l’affissione delle 95 Tesi da parte di Lutero il 31 ottobre 1517, atto fondativo della Riforma, di cui si celebrano i cinquecento anni.
L’autore ricostruisce una fase cruciale della storia europea moltiplicando le prospettive interpretative. Il monaco scissionista e padre fondativo della nazione tedesca ha lasciato una pesante eredità sul suo popolo che, a sua volta, nel corso delle fasi cruciali della propria storia, ha fatto riferimento agli aspetti esemplari della sua biografia per trarne nuova forza. Ad esempio il miracolo di sant’Anna, la santa cui il giovane Martin si rivolge terrorizzato quando un fulmine si abbatte su un albero vicino a lui: “Sant’Anna, salvami! Ti prometto che mi farò frate”. Che sia realtà o leggenda, da lì proviene la conversione di Lutero; quello stesso luogo, nel 1917, in piena guerra mondiale e a 400 anni dalla nascita della Riforma, è diventato il centro delle celebrazioni giubilari con l’innalzamento di una stele per ricordare l’evento e, verosimilmente, per attingere nuove forze per resistere agli orrori del presente.
Un esempio emblematico del complesso valore politico-religioso dei fatti del 1517 è rappresentato dal giubileo attualmente in corso, che punta la sua luce mediatica anche su una Germania ormai riunificata da anni, solida economicamente e politicamente, ma sullo sfondo di un’Europa mai così fragile e disunita. La contrapposizione attuale tra Germania ed Europa sembra impersonificarsi – nell’originalissima rilettura che offre l’autore – nello scontro, durissimo e inconciliabile, tra due personalità di allora: Lutero, che nella sua progressiva radicalizzazione si “germanizza”, di contro all’identità fortemente “europeista” di Erasmo da Rotterdam.
Le celebrazioni del cinquecentenario ripropongono inoltre antiche critiche sull’eredità sociale della scissione protestante: rimane cruciale la valutazione di Karl Marx per cui Lutero sarebbe colui che ha trasformato “l’obbedienza feudale per devozione in obbedienza per convinzione”, e di conseguenza il rapporto di sudditanza del potere religioso nei confronti del potere politico diventa il fulcro dell’eredità luterana. Dallo storico Wolfgang Reinhard allo scrittore Heinrich Mann, emerge una domanda fondamentale sui motivi che spesso hanno allontanato il popolo tedesco dalla partecipazione alla vita pubblica e dai propri diritti di libertà.
Tra le prospettive interpretative ampio spazio è dedicato al viaggio di Lutero a Roma, alle caratteristiche politiche del tempo e, successivamente, alle reazioni della storiografia cattolica. All’uomo che aveva dichiarato il Papa nemico numero uno definendolo “l’Anti-Cristo” ed “emissario dei Turchi”, papa Giulio II appare per ciò che era, ossia un principe rinascimentale, violento e prepotente, tanto nella vita pubblica quanto in quella privata.
Prosperi riapre sulle cause effettive del viaggio che, di fatto, non fu solo un pellegrinaggio alla Sede di Pietro bensì un tentativo di avere accesso alle sedi generalizie dell’Ordine agostiniano e ai tribunali romani. Il monaco sassone avrebbe poi raccontato di aver celebrato nelle basiliche romane un incredibile numero di messe e, in una predica del 1545, avrebbe riportato questo episodio: “A Roma io volli liberare il mio avo dal purgatorio. Così, secondo la tradizione, salii la scala di Pilato [la c.d. Scala santa presso piazza San Giovanni, ndr] recitando a ogni gradino un Padre nostro. Vi era, infatti, la convinzione che se alcuno dicesse una preghiera libererebbe un’anima. Ma arrivato in cima mi domandai: Chissà se sarà vero?”.
I dubbi quindi erano nati ancora prima della “scoperta” della giustificazione per fede, in quel viaggio a Roma tra il 1511 e il 1512. La rivoluzione vera e propria sarebbe arrivata pochi anni dopo con il commento della Lettera di Paolo ai Romani. Per Lutero, secondo cui era impossibile rielaborare filosoficamente Rivelazione e ragione umana, la “strutturalità” del peccato era una componente ineliminabile della condotta umana. Dio gli appariva come il giudice terribile e remotissimo del Giudizio finale. Restando inconciliabile la distanza tra uomo e Dio, è solo “con Cristo che noi siamo giusti”. “La grazia e la giustizia di Dio tanto più si addentrano nella nostra interiorità quanto più vi abbonda il delitto” ribadiva Lutero commentando il cap. 5 della Lettera ai Romani.
L’interpretazione della giustificazione per fede diventa anche una complessa questione di resa linguistica: l’aggettivo “sola” nell’espressione “giustificazione per sola fede” era infatti assente nel testo greco e latino del Nuovo Testamento. Ma, come il monaco scissionista avrebbe spiegato nella sua Epistola sulla traduzione, aveva esplicitato in questo modo il testo per i lettori tedeschi.
La vexata quaestio della giustificazione per fede fa inoltre da collegamento tra Lutero e la figura di Gasparo Contarini, “riscoperto” e organicamente trattato dalla storiografia cattolica solo nel secondo dopoguerra.
Discendente da una nobile famiglia veneziana, anche per lui la “tempesta del dubbio” era stata originata dalla necessità di una giustificazione per fede. Contarini sarebbe diventato l’uomo della tentata mediazione tra Roma e Wittenberg. Ciononostante, i destini delle due personalità sarebbero rimasti lontani. Per entrambi l’evangelismo paolino era il fulcro teologico; per Lutero, tuttavia, proprio la scoperta del Vangelo da accogliere per “sola fede” avrebbe costituito l’architrave della scissione da Roma.
“Erasmo o dell’Europa, Lutero o della Germania”, sintetizza l’inicipit del capitolo Lutero educatore religioso del popolo. Non vi è dubbio che dietro le lunghe incertezze ed esitazioni di Erasmo nel rispondere a Lutero vi fossero le élite intellettuali europee che in Carlo V e nell’idea di impero trovavano le fondamentali garanzie di pace.
Così come è altrettanto indubbio che il riformatore tedesco avesse un legame fortissimo con gli intellettuali tedeschi, con le università del territorio e con il suo stesso popolo, che egli intendeva indirizzare al bene. Da qui la questione della traduzione della Bibbia in lingua “tedesca”. Sì, ma quale tedesco? Come l’Italia, la Germania possedeva differenti volgari che mutavano da luogo a luogo: è con Lutero, come noto, che nasce il tedesco come lingua unificante di cultura, comprensibile a una vasta popolazione. La traduzione nel proprio volgare, ossia il sassone, sarà un’operazione poderosa, potentemente promossa dalla stampa. Attraverso la rapida e capillare diffusione della sua Bibbia, Lutero dissemina il suo insegnamento, la fede nella sua Chiesa e nei suoi princìpi teologici.
E non solo tramite il linguaggio. Un ampio capitolo del volume esamina il ruolo dell’arte nella diffusione del luteranesimo e della nuova concezione di Chiesa. Strutturalmente ostile all’iper-devozionismo mariano e verso i santi, l’iconoclastia di Lutero intende accantonare l’iconografia cattolica, percepita come origine di uno slittamento idolatrico. Di fatto, i pittori della causa protestante ritrassero spesso Lutero e gli episodi salienti della sua vita, oltre a raffigurarlo accanto ai suoi compagni di “lotta” e familiari. Ad alimentare il fascino carismatico di Lutero furono artisti del calibro di Albrecht Dürer, Lukas Cranach il Vecchio e Cranach il Giovane, Mathias Grünewald.
Alla glorificazione dei “santi riformatori” si contrappongono immagini di demonizzazione della Chiesa e della società cattolica, con particolare diffusione delle incisioni satiriche sulla vendita delle indulgenze.
Ostile alla pittura devozionale cattolica, Lutero attribuiva invece un ruolo molto importante alla musica, in grado di elevare le menti e smuovere i cuori. Per animare il coinvolgimento liturgico, Lutero, avendo già sostituito il latino con il sassone, promosse la pratica del canto assembleare, il cosiddetto “corale”, in vigore fino ai giorni nostri. Fu poi Johann Sebastian Bach a conferire ai corali una ricchezza e una varietà impareggiabili.
“Dalla libertà del credente alla servitù del suddito?” Dopo il distacco da Roma, dopo il fallimento dei negoziati tra Roma e Wittenberg – portati avanti dal teologo Filippo Melantone e dall’“evangelista” veneziano Gasparo Contarini – i destini del luteranesimo e dell’umanesimo erasmiano si separano definitivamente.
Per Lutero questo cammino era iniziato subito dopo la Dieta di Worms. Il suo percorso sarebbe stato lungo, paziente, ricco di occasioni creative, sintetizzate nella poderosa opera di traduzione della Bibbia in sassone. Ma accanto a questo, fin da allora nasce il “vizio d’origine” del modello luterano, vale a dire una Chiesa sottoposta al potere politico, cancellando così l’antica dinamica di dialettica e opposizione tra le due visuali. Questa lotta si sarebbe riproposta non solo tra Lutero e il Papa, ma all’interno delle singole coscienze dei credenti riformati in tutti i secoli successivi. L’eredità della Riforma si è dimostrata non facile da “giustificare”, e dopo mezzo millennio resta da dire l’ultima parola.
A cura di Paola Ducato
Attualità di Lutero. La riforma e i paradossi del mondo moderno
Autore: Franco Ferrarotti
Editore: EDB, 2017
Pagine: 72
Perché Lutero è ancora così attuale? La sua personalità può essere considerata anticipatrice dell’intellettuale europeo? si chiede Franco Ferrarotti, nel suo ultimo lavoro Attualità di Lutero. La riforma e i paradossi del mondo moderno, EDB editore, 2017. L’autore, uno dei padri della sociologia italiana, si concentra sull’autentica lezione del riformatore contenuta nel suo breve trattato La libertà del cristiano, purificandolo innanzitutto dai pregiudizi interpretativi dovuti sia «all’iconoclastia settaria» che «all’agiografia sprovveduta» ed evidenziando nella scoperta della soggettivazione dell’esperienza del sacro il suo fondamentale lascito. Lutero ci porta ad affrontare, in maniera drammatica, i grandi temi dell’esistenza umana: la libertà, i problemi del male e della giustificazione, mettendo al centro la persona umana nella sua coraggiosa autonomia e nel suo irripetibile destino umano. Temi che le miserie del razionalismo dell’odierna società tecnicamente organizzata, chiusa in una ragione strumentale e monologica - afferma Ferrarotti - non riescono né a cogliere e né tantomeno a comprendere: da qui ritorna con potente ricchezza la lezione del monaco agostiniano che vede nella scommessa della fede la radice della liberazione individuale. Ne esce così una complessa e contraddittoria visione dell’uomo, per questo viva e attuale (meta-moderna), «cittadino di due mondi» per dirla con Kant, dibattuto tra il conformismo e la dissidenza, il naturale e lo spirituale, il determinismo e la libertà.
A cura di Lino Valentini
Paola Ducato è docente di Storia e filosofia presso il liceo Annibale Mariotti di Perugia. Ha svolto attività di formazione e aggiornamento per docenti ed è autrice di pubblicazioni di interesse didattico, tra cui Fotogrammi per la Storia. Attività laboratoriale per la didattica della Storia, Morlacchi, Perugia 2004; Sogno “lamericano”. Laboratorio cine-storico, e-book pubblicato nel 2007 sul sito ufficiale della FILEF, Federazione Italiana Lavoratori Emigrati e Famiglie, www.filef.info; Rifacciamo boom, viaggio nell'Italia “miracolata” nella prospettiva di EXPO 2015, edizione Guardastelle, Perugia, 2015.
Lino Valentini è docente di Storia e Filosofia al Liceo classico “B. Zucchi” di Monza e formatore in numerosi corsi d’aggiornamento d’informatica e multimedialità finalizzati alla didattica.