Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina
Autore: Alessandro Aresu
Editore: La nave di Teseo, collana krisis, 2020
Pagine: 509
Il libro
Il valore e il successo del libro risiedono, a dispetto della sua voluminosità, nelle sue dichiarate limitate pretese: concentrarsi sull’analisi del cosiddetto “capitalismo politico”, ovverosia sulla sempre più stringente compenetrazione tra le forze del mercato e le politiche governative, in special modo nei settori strategici della sicurezza degli stati. I temi argomentati dall’autore, brillante esperto di geopolitica internazionale, ruotano attorno alla sempre più fondamentale e complessa integrazione tra economia e politica, in un sistema globale sempre più interdipendente e tecnologizzato e dominato dalle potenze statunitense e cinese. La prospettiva interpretativa privilegiata dall’autore non è puramente giuridico-economica, né tanto meno finanziaria e ideologica, ma storico-filosofica in quanto sviluppa un’analisi d’ampio respiro, sempre attenta ai contesti nei quali le trasformazioni e i problemi si connettono e prendono forma.
Il capitalismo non è pensabile senza storia, diritto e politica, così come la Compagnia delle Indie non è riducibile a una impresa commerciale che genera profitti, trascurando i suoi obiettivi di conquista militari e geopolitici; oggi le potenze cinese e statunitense vanno comprese nell’intreccio tra poteri statali, apparati burocratici, ordini giuridici e conflittuale interazione tra mercati. Secondo Aresu, le caratteristiche del capitalismo cinese, di marchio autoritario, sono da ricondurre a tre elementi fondamentali: una burocrazia efficiente, la negazione dei diritti umani e la supremazia della ragion di stato-partito sulle libertà individuali. Mentre il capitalismo occidentale di tipo liberal meritocratico, dominato dagli Usa, è contraddistinto da una burocrazia della sicurezza imperniata sull’uso competitivo delle imprese tecnologiche sempre più strategiche nel controllo dei mercati geopolitici e della sicurezza nazionale. Una logica simile accomuna questi capitalismi e li porta ad un inevitabile conflitto: la strettissima compenetrazione di economia e politica non può che sfociare in una violenta guerra commerciale combattuta con i mezzi sempre più raffinati del geodiritto, nel nome della difesa degli interessi nazionali.
E il vecchio continente? Il terzo capitolo del libro non tralascia l’analisi del ruolo dell’Unione europea uscita, a detta dell’autore, irrimediabilmente sconfitta dalla crisi iniziata nel 2007. Il suo modello di welfare state, eccezione, non norma nella storia del capitalismo, ha evidenziato gravi limiti nel saper costruire politiche comunitarie; oggi l’Europa, con una demografia in declino e con la debolezza dei suoi sistemi militari di difesa rischia di ridursi a comparsa, o addirittura vittima, della storia mondiale. Si prospetta così lo scenario futuro di una nuova guerra fredda, combattuta tra Cina e Stati Uniti, nel quale l’impasto tra economia, finanza, difesa e tecnologia diventerà sempre più decisivo per il controllo dell’arena globale del geodiritto.
La scheda didattica
Il libro può diventare, se ben filtrato e selezionato in alcuni nodi concettuali affini agli studi e agli interessi delle classi, un ricchissimo laboratorio geostorico per imparare ad esercitare il pensiero critico e per fornire agli studenti alcune chiavi di lettura per comprendere una varietà di problematiche che caratterizzano il mondo presente, dominato dallo scontro tra potenza cinese e statunitense.
Il docente può iniziare un percorso di approfondimento sul tema ponendo agli studenti alcune domande stimolo, quali ad esempio: come si spiega la contraddizione che definisce la Cina un paese che pratica il capitalismo di Stato? come può lo stato comunista (la “mano visibile”) favorire le logiche dell’economia di mercato (mano “invisibile”)? come può un potere statale che usa la coercizione e la negazione dei diritti conciliarsi con le libertà d’impresa e d’iniziativa privata? Queste domande hanno innanzitutto l’obiettivo di portare a un uso consapevole del linguaggio politico-economico e di far comprendere la complessità concettuale e storica che hanno termini come capitalismo, mercato, potere statale, pianificazione, che non devono essere usati in maniera scontata e pregiudiziale. La consultazione di un dizionario economico, per esempio quello dell’Enciclopedia Treccani, può essere un buon esercizio per consolidare il lessico degli studenti che non deve essere solo passivo, ma attivo nel saper costruire ragionamenti coerenti e argomentazioni sulle tematiche in questione.
A questa prima fase potrebbe seguire una discussione in classe in cui gli alunni sono chiamati a interrogarsi in modo critico e a confrontarsi sulle contraddizioni presenti nel sistema cinese. Si può anche pensare di produrre una breve presentazione multimediale strutturata in diagrammi di flusso e schemi concettuali esplicativi.
Secondo spunto di lavoro potrebbe essere la ricerca di informazioni da parte degli studenti, mediante l’uso del web, sulla cosiddetta guerra dei dazi scatenata dal presidente statunitense Donald Trump, utilizzando portali di sicuro spessore e valore culturale quali ad esempio quello dell’ISPI, Istituto per gli studi di politica internazionale, e di LIMES, Rivista italiana di geopolitica.
Gli articoli più significativi, selezionati da gruppi di lavoro, possono diventate l’occasione per discutere una delle tesi centrali del libro di Aresu, riguardante il rapporto sempre più decisivo tra difesa e industria, magari soffermandosi in particolar modo su casi emblematici come quello della corsa al primato tecnologico nella trasmissione e nel controllo dei dati con standard G5, oppure sull’affaire Huawei, società cinese leader mondiale delle telecomunicazioni.
Tutto questo potrebbe diventare un’ottima fonte per far nascere interessanti momenti di confronto.
A cura di Lino Valentini