“Fino a quel momento, specie in queste valli di confine, la vita era scandita dai ritmi delle stagioni. Sembrava che quassù la storia non arrivasse. Era un’eco che si perdeva. La lingua era il tedesco, la religione quella cristiana, il lavoro quello nei campi e nelle stalle.”
Un po’ di storia
A Curon, piccolo borgo della Val Venosta, oggi in provincia di Bolzano, la vita era trascorsa quasi immutabile per secoli, scandita dall’avvicendarsi delle stagioni e dei lavori tradizionali alpini: la cura del bestiame, la fienagione, la legna da raccogliere e da accumulare in vista dell’inverno.
Come il resto dell’Alto Adige, Curon fece parte dell’Impero austroungarico fino al termine della Prima guerra mondiale, quando i trattati di pace assegnarono l’intera regione all’Italia. Improvvisamente, gli abitanti di quel territorio si trovarono a essere cittadini del Regno d’Italia, pur essendo prevalentemente di lingua e di cultura tedesca e perciò senza alcuna conoscenza della lingua italiana.
In seguito alla presa di potere del fascismo, Benito Mussolini impose a partire dal 1923 una radicale “italianizzazione” di quelle come di altre zone di confine impendendo l’utilizzo della lingua tedesca e proibendone l’insegnamento nelle scuole, mutando la toponomastica dei luoghi e collocando personale amministrativo di lingua italiana. Da quel momento in poi, dunque, chi avesse insegnato la lingua tedesca sarebbe stato considerato fuorilegge.
La trama
La vicenda narrata nel romanzo di Balzano ha inizio proprio nel fatidico 1923.
Trina è una giovane di Curon che sta terminando le Scuole magistrali e intende diventare maestra, insieme a due carissime amiche con le quali condivide i sogni tipici delle ragazze della sua età. Ma le nuove regole restrittive imposte dal fascismo fanno in modo che, una volta ottenuta la licenza magistrale, Trina sia comunque esclusa dalle nomine per l’insegnamento, nonostante sia una delle poche diplomate ad aver studiato assiduamente anche l’italiano. La giovane, su consiglio del sacerdote di Curon, inizia a insegnare in alcune scuole clandestine tenute in lingua tedesca in locali di fortuna, come stalle, solai e scantinati, con il continuo rischio di retate da parte dei carabinieri italiani. Una delle amiche più care di Trina, sua compagna alle magistrali, viene malauguratamente scoperta e per lei è previsto l’allontanamento forzato dal paese.
Qualche tempo dopo, Trina si sposa con il compaesano Erich. La coppia ha due figli, Michael e Marica. La vita a Curon diviene, nel frattempo, sempre più dura. Il governo fascista, infatti, riprende un progetto della Montecatini (importante e potente società industriale, costruttrice di centrali idroelettriche), già proposto anni addietro e subito interrotto a causa della Prima guerra mondiale: si tratta della costruzione di una imponente diga, il cui invaso verrebbe realizzato con l’allagamento della valle e quindi dell’intero territorio del paese di Curon.
Parallelamente al progetto della diga, tanto deprecato dagli abitanti, l’avvicinarsi di Mussolini alla Germania di Hitler coincide con la proposta fatta ai cittadini di lingua tedesca di Curon (e di tutto l’Alto Adige) di espatriare unendosi alla Germania. Questa situazione crea ulteriori dissidi nel già travagliato borgo in quanto scinde in due la popolazione, generando la spaccatura tra gli “optanti”, coloro che cioè scelgono di emigrare in Germania, e i “restanti”, che invece scelgono di rimanere, non per fedeltà al fascismo o allo Stato italiano, ma per l’amore nei confronti della propria terra. Queste persone, però, vengono accusate dalle prime di essere conniventi con il regime mussoliniano. La Seconda guerra mondiale interrompe nuovamente la costruzione della diga.
Nuove lacerazioni attraversano nel frattempo la famiglia di Trina: la scomparsa della figlia Marica, portata dagli zii in Germania senza avvertire la famiglia, proprio a ridosso dello scoppio del conflitto, e mai più rivista; l’adesione di Michael al nazismo; la partenza per la guerra del marito Erich, che, di ritorno in congedo poiché ferito a una gamba, decide di disertare e di fuggire con Trina sui monti, a pochi passi dal confine con la Svizzera.
La tanto sospirata pace arriverà, ma porterà con sé il proseguimento, questa volta irrevocabile, dei lavori di realizzazione della diga. Agli abitanti viene proposto un indennizzo ridicolo e le loro abitazioni tradizionali vengono fatte esplodere col tritolo. Una serie di abitazioni nuove, piccole e anonime, viene ricostruita un po’ più in là, per coloro che hanno deciso di restare. Nel 1950, con l’apertura delle paratie della diga, Curon è ormai sommersa dal lago artificiale. Solo il campanile della chiesa emerge come un monito dalle acque.
Ancora oggi svetta, immobile, nel lago, raccontando la sua triste storia a coloro che la vogliono ascoltare.
La chiave di lettura del testo: i confini, visibili e invisibili
All’interno del romanzo scorrono molteplici linee di confine, non solo quelle reali, fisicamente esistenti, ma anche quelle immaginarie e simboliche, altrettanto pregnanti e significative, anche se invisibili.
1. Il confine linguistico
“Nessuno capiva quella lingua che era solo la lingua dell’odio”. La prima linea di confine, forse quella più significativa nel romanzo, è quella della lingua, che riflette la divisione tra italiani e tedeschi. La popolazione di Curon e dei paesi limitrofi è, al momento della narrazione degli eventi descritti nel romanzo, a maggioranza tedesca. L’italiano è una lingua conosciuta e compresa da pochi, e appresa a scuola come lingua straniera. Il regime fascista, nel perseguire l’italianizzazione forzata delle zone recentemente integrate nel Regno d’Italia, non tutela in alcun modo la diversità linguistica, che è in realtà una ricchezza per quelle terre.
Le lingue possono così diventare barriere insormontabili tra le popolazioni, anche se esse condividono lo stesso territorio. Per di più, a Curon la lingua italiana veniva allora percepita come una lingua imposta dall’alto, una lingua ignota che dettava ordini incomprensibili e incongruenti con quella che era stata fino ad allora la pacifica vita della comunità locale. L’italiano era dunque la lingua dei fascisti dominatori e prevaricatori, dei dispacci affissi sui muri con le ordinanze che nessuno, salvo pochi, erano in grado di comprendere, ed era anche la lingua parlata dagli ingegneri della Montecatini giunti per realizzare l’odiatissima diga.
Erich, il marito di Trina, dopo anni di lotte pacifiche contro la costruzione della diga chiese alla moglie: “Insegnami l’italiano, Trina. Non conosco le parole per farmi ascoltare”. Se non si conosce la lingua dei dominatori, infatti, non ci si può difendere dalle loro prevaricazioni.
2. Il confine fra tradizione e modernità
L’immagine-cardine che simboleggia questo particolare confine è la diga, il cui progetto nel corso del romanzo viene iniziato, interrotto e ripreso più volte. Essa segna il confine tra tradizione e progresso, almeno nelle intenzioni dei suoi fautori. L’idea era quella di sfruttare le acque naturali della zona per la produzione di energia elettrica. Il progetto iniziale risaliva addirittura agli anni dieci del secolo scorso. Interrotta una prima volta a causa della Grande guerra, la sua costruzione viene ripresa col fascismo all’interno di quelle grandi opere promosse dal Regime, come la bonifica dell’Agro Pontino, che avrebbero dovuto portare benessere e progresso all’Italia. Dal romanzo emerge la sterilità di questi progetti che invece di realizzare un vero progresso, creano invece danni inestimabili a un territorio e a una comunità, oltre a evidenti disparità sociali ed economiche.
3. Il confine sociale tra “optanti” e “restanti”
All’interno della popolazione di Curon, compatta e omogenea dal punto di vista linguistico e culturale, si crea una spaccatura indotta dall’imposizione, durante il forte avvicinamento tra il Regime fascista e quello hitleriano, di scegliere se rimanere cittadini italiani (e quindi restare a Curon), oppure partire per i territori del terzo Reich (e diventare cittadini tedeschi). Comincia, dunque, a serpeggiare un certo astio tra i “restanti” e gli “optanti”. Entrambe le fazioni si rinfacciano la scelta e si insultano per la codardia che gli uni ravvisano negli altri. Secondo quelli che partono, infatti, quelli che restano sono fascisti ed accomodanti verso un regime che impone loro l’italiano e una diga non voluta; per quelli che rimangono, invece, i codardi sono gli altri, che accettano di andarsene, facendo così il gioco di quelli che vogliono il territorio libero per costruire la diga, e tradendo la propria terra.
4. Il confine politico: tra fascisti, nazisti e membri della Resistenza
La seconda guerra mondiale spacca le famiglie, compresa quella di Trina. La figlia Marica viene portata in Germania dagli zii per garantirle un futuro. Il marito combatte, ma odia la guerra e appena può diserta. Il figlio è invece un nazista convinto. Si sono cioè create, all’interno della stessa popolazione di lingua tedesca, delle divisioni che nulla hanno più a che fare con l’idioma e la cultura un tempo condivisi. Il tedesco, a questo punto della narrazione, non è più una lingua che accomuna persone amiche. È la lingua allo stesso tempo di nazisti e antinazisti; non è più una lingua il cui risuonare, alle orecchie degli abitanti di Curon, significa amicizia e pace. Anche se la persona che hai davanti parla la tua stessa lingua, non sai se è amico o nemico.
I confini geografici dopo la Seconda guerra mondiale
Al termine del conflitto in Italia vennero create cinque regioni a Statuto speciale: il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia, la Valle d’Aosta, la Sicilia e la Sardegna. Le prime tre per il fatto di essere regioni montane e al confine con altre nazioni, le ultime due per il loro carattere di isole, separate dunque dal resto del continente italiano. Tutte e cinque le nostre regioni a Statuto speciale godono di situazioni particolari, proprio per la loro natura di terre un po’ differenti dal resto dell’Italia: solo per citarne un paio, un regime fiscale spesso agevolato e la tutela delle minoranze linguistiche, mantenuta attraverso l’insegnamento scolastico di tutte lingue locali, che godono di pari dignità. La situazione, in Alto Adige come nelle altre regioni di confine è dunque oggi tranquilla. Ma in occasioni particolari, specie se rinfocolate da pregiudizi culturali e politici, certi “campanilismi” o frizioni mai sopite corrono il rischio di riaffiorare.
La vicenda di Curon e della sua diga è stata argomento anche del recente documentario Il paese sommerso, di Georg Lembergh (2018).
Attività didattiche
Il romanzo di Balzano offre diversi spunti che possono essere orientati sia in attività di riflessione sulla cittadinanza sia in esercizi di produzione linguistica.
- Sei mai stato in vacanza in una delle regioni italiane di confine o in una zona dove sono presenti delle minoranze linguistiche? Cos’hai notato di particolare? Quale lingue si parlano? In che modo gli abitanti comunicano tra loro e con i turisti?
- Il romanzo è ambientato nel paese di Curon. Svolgi una ricerca per immagini su questa località e individuane almeno tre che ritieni significative scrivendo per ciascuna una breve didascalia. Realizza poi una presentazione in powerpoint o in prezi aggiungendo nella diapositiva finale alcune tue sintetiche considerazioni sulle conseguenze della costruzione della diga.
- Il romanzo di Marco Balzano è interamente raccontato in prima persona. La voce narrante è Trina, che ripercorre la sua vita e le vicende del paese. Se non conoscessimo l’autore del romanzo, potremmo pensare di leggere le parole di un’anziana insegnante di montagna, o di scorrere il suo diario. In realtà, chi scrive è un giovane uomo nato e cresciuto in città. Prova a scrivere una pagina nella quale narri, come se fossi tu stesso il protagonista, una vicenda accaduta a qualcun altro, molto diverso da te per età, professione e provenienza.
- La “quarta di copertina” è il luogo in cui viene presentato il libro: in essa si trovano le parole o le frasi più accattivanti per catturare l’attenzione del lettore, seguite da una breve sintesi della narrazione o dei suoi temi-chiave. Immagina di dover presentare il libro di Balzano scrivendone la quarta di copertina. Ricorda che il testo deve essere breve ed efficace, perciò hai a disposizione un massimo di 15 righe.