Il Covid-19 raccontato… attraverso gli occhi della scienza

Il compito di raccontare il metodo scientifico

BACK TO SCHOOL

L’anno scolastico che sta prendendo avvio si apre nel segno dell’incertezza: l’emergenza Covid-19 non è ancora finita. I giornalisti (e talvolta anche qualche “esperto”) hanno comunicato in maniera non sempre esatta, creando confusione. La scienza affronterà e sconfiggerà anche il virus dell’informazione scorretta o decontestualizzata, come ha fatto decine di altre volte in passato. Ma occorre tempo. Agli insegnanti, in primis, il compito di raccontare il metodo scientifico e di aiutare i bambini a gestire la complessità, perché no, proprio a partire dalla vicenda della pandemia generata dal virus “con la corona”.

di Andrea Vico

Finalmente è arrivato il momento di riabbracciare i nostri alunni. Anzi, no: li accoglieremo a giusta distanza, abbracciarli non è ancora ancora consentito. Ma sarà bello vedersi e sorridersi con gli occhi. È da marzo che non li vediamo, se non in video, e magari nemmeno tutti hanno avuto la possibilità di un collegamento stabile.
Dopo le fatiche del lockdown, che si spera l'estate abbia un po' mitigato, il nuovo anno scolastico si avvia in un clima di grande incertezza, che dobbiamo prepararci a gestire, facendo anzitutto dei distinguo. La situazione è seria, ma non tragica come a marzo-aprile. Non è un pozzo nero, è una situazione complessa, fatta di alcune certezze, di variabili e di cose ancora da scoprire. Ma abbiamo tutti gli strumenti (scientifici e tecnici) per maneggiare questa complessità. Manca magari un po’ di visione d’insieme e non dobbiamo avere fretta di ricevere tutte le risposte subito: la complessità ha bisogno di tempo.

Cos’è Covid-19

È un virus, non è un essere vivente autonomo. È qualcosa che per riprodursi ha bisogno di entrare in una cellula e prendere il controllo dei suoi meccanismi così da indurla a produrre molte copie del virus stesso. Il nuovo coronavirus fa esattamente questo e, in particolare, è abile a penetrare e ingannare le cellule del tratto respiratorio. Esistono molti tipi di coronavirus e possono causare malattie che vanno da un semplice raffreddore – facilmente guaribile – a malattie gravi come la SARS. Il nuovo coronavirus è un po' una via di mezzo. Si chiama così perché CO sta per corona (la sua caratteristica “estetica”), VI per virus, D per Disease (‘patologia’ in inglese) e -19 perché è stato isolato nel 2019. Sulla superficie esterna del virus ci sono delle protuberanze che formano una specie di corona (da cui l’appellativo corona-virus): si tratta di proteine che funzionano come una chiave. Ogni chiave apre una serratura. Nel caso dei virus la serratura è un recettore, una macromolecola incastrata sulla superficie esterna delle cellule del nostro corpo. Aperta la serratura il virus ha la strada spalancata all’interno della cellula, che viene così manipolata e usata per ‘fotocopiare’ il virus stesso e diffonderlo in tutto il corpo.
Il Covid-19 causa sintomi seri in circa il 15-18% della popolazione, un dato significativo che ci impone di prendere questa nuova malattia con molta attenzione e misurarci con essa. Quando colpisce innesca una infiammazione molto pericolosa che mette in crisi anzitutto i polmoni e poi il cuore e altri organi. Dunque non è un raffreddore pesante né tantomeno una normale polmonite.

Lo spillover

Fino a qualche tempo fa questo virus si trovava esclusivamente negli animali, non aveva la capacità di infettare le cellule umane. In natura è perfettamente normale che una malattia passi da un essere vivente a un altro: questo fenomeno si chiama zoonosi e riguarda malattie infettive che si trasmettono dagli animali vertebrati all’uomo, causate da batteri, virus, parassiti o altri tipi di patogeni. Il salto può avvenire per stretta vicinanza (quando l’uomo inizia ad addomesticare quell’animale) o tramite acqua e cibi contaminati. Il salto di specie, che in gergo si chiama ‘spillover’, quasi sempre usa un virus ed è un processo naturale che funziona in modo splendido (la natura è sempre spettacolare nella sua efficienza!) con i virus a RNA, come i coronavirus, che sono “bestioline” semplici e dunque agilissime nel mutare rapidamente per acquistare la capacità di infettare le cellule umane, diverse dalle cellule dell’animale di partenza. Noi Sapiens conviviamo da millenni con le zoonosi: peste bubbonica, vaiolo, HIV, difterite, rabbia, malattia di Lyme, aviaria, morbillo, salmonellosi… sono decine le malattie che arrivano dagli animali. Ogni volta che un virus ha attaccato l’uomo, abbiamo trovato il modo per difenderci, con i farmaci, ma soprattutto con i vaccini e la prevenzione. Quest’ultima si attua attraverso norme di comportamento, a tutti i livelli, come già accade per circoscrivere la salmonellosi o l’aviaria, per esempio.

Cure e vaccini

Per sconfiggere il Covid-19 gli scienziati stanno lavorando alacremente in più direzioni contemporaneamente con uno sforzo, una intensità e una condivisione dei risultati a livello mondiale che probabilmente non ha pari nella storia del progresso scientifico della medicina.
Ricercatori e medici stanno sfidando il virus su tre fronti. Prima di tutto si occupano di capire come bloccare la diffusione del virus da parte di chi è stato colpito ma ancora non ha sintomi: per questo gli strumenti sono tamponi, test, distanze, mascherine, pulizia di ambienti e superfici, strumenti informatici di tracciamento di chi si scopre contagiato, gestione della quarantena (su questi ultimi due c’è, dobbiamo dirlo, troppa disattenzione sia da parte delle istituzioni che da parte dei cittadini). Il secondo fronte riguarda il miglioramento e la velocizzazione delle diagnosi (il virus colpisce in modi diversi) per correre ai ripari con farmaci, vecchi o nuovi, con terapie e protocolli di trattamento del malato. La sfida più grande, infine, è agire sulla serratura: istruire il sistema immunitario a riconoscere il virus prima che abbia modo di entrare nella cellula. Il vaccino è l’arma più efficace in assoluto, la storia della medicina lo dimostra. A fine luglio erano oltre 120 le molecole studiate da scienziati di tutto il mondo (migliaia di scienziati!): la speranza è che almeno una di esse possa trasformarsi in un vaccino. Ma serve tempo. Purtroppo, ma anche per fortuna. In situazioni “normali”, per sviluppare un nuovo farmaco (e un vaccino è un farmaco come tutti gli altri) servono 8-10 anni almeno: bisogna individuare la molecola giusta, trasformarla nel vaccino, mettere in atto tutti i test di efficacia e di sicurezza, produrlo in milioni di dosi e distribuirlo in modo democratico. Chi vive lontano dal mondo della ricerca non immagina con quanta energia e abnegazione i ricercatori siano al lavoro. Nonostante si rasenti l’utopia, stiamo provando a raggiungere un vaccino per la primavera-estate del 2021. Nel frattempo sono essenziali le misure per limitare il numero di contagi e contenere la diffusione del virus. Non dobbiamo abbassare la guardia, specialmente ora, alle porte dell’autunno.

Prevenzione

Il virus attacca “in massa”, anche se non sappiamo se l’esercito da cui difenderci è fatto da centinaia, migliaia o milioni di virus. Sappiamo però che uno starnuto o un colpo di tosse, ma anche una risata, un grido o lo “sputacchiare” inconsapevolmente pronunciando alcune parole sono già un pericolo sufficiente. Dunque mai rinunciare alla mascherina, alle distanze, specie se al chiuso, all’aerazione dei locali e a lavarsi o disinfettarsi spesso le mani (e mai portarle vicino a bocca, naso, occhi o toccarsi la mascherina con le dita potenzialmente pericolose). Sono certamente da evitare i luoghi troppo affollati, le stanze troppo piccole rispetto al numero di individui presenti.

Numeri e statistiche

Per settimane abbiamo ricevuto quotidianamente, attraverso i media, uno stillicidio di numeri. Perfettamente inutili e spesso anzi fuorvianti: dare i numeri raccolti giorno per giorno non serve a nulla (è l’analisi ponderata del quadro d’insieme che può fornire indicazioni di strategia) e la raccolta disomogenea, senza un parametro condiviso rende quei numeri inservibili ai fini scientifici. Spesso i numeri sono serviti alla propaganda di questa o quella parte. La scienza si basa sulla statistica, sulla ripetizione di un certo fenomeno, sulla sua frequenza, sui numeri e sui dati raccolti in modo “anonimo” e con dei protocolli stabiliti prima di iniziare la raccolta stessa. Inoltre, quando usata male (per ignoranza o a scopo manipolatorio), la statistica può essere issata a vessillo di ogni posizione, specialmente quando abbinata alle esperienze personali: se non conosci nessuno che sia stato in terapia intensiva non vuol dire che non ci siano state tantissime persone in terapia intensiva. Allo stesso modo se in un determinato ospedale i malati di Covid-19 diventano zero non vuol dire che la pandemia sia terminata, così come, se qualcuno usa un farmaco e "si sente meglio", non significa che quel farmaco funzioni. La nostra esperienza personale è solo un dato, un minuscolo numero, l'infinitesima ripetizione dello stesso esperimento. È l’insieme che – forse – può valere qualcosa e chi valuta e analizza deve attenersi a quanto indicano i dati affidabili, senza coinvolgimento emotivo, altrimenti rischia di cadere in quello che viene chiamato confirmation bias, cioè quel fenomeno cognitivo per cui nel proprio sguardo sulla realtà si tendono a confermare convinzioni personali acquisite; esso è in agguato anche nelle menti degli scienziati migliori. Per questo la scienza è un lavoro di gruppo: ci si corregge e ci si monitora a vicenda. Ma ci vuole tempo, e gli scienziati seri parlano solo DOPO che l’esperimento è concluso, verificato, corretto, condiviso con i colleghi.

A che cosa serve la dimestichezza con la scienza

Nel nostro Paese c'è una carenza di educazione scientifica. È una carenza trasversale, coinvolge e travolge tanti senza badare al censo o al grado di istruzione. Non si tratta tanto di una carenza di nozioni scientifiche (che sarebbe in parte giustificabile) ma soprattutto di una scarsa conoscenza dei processi logici che sostengono il ragionamento scientifico e dunque sul suo metodo.
Da dove viene questa carenza di familiarità con il metodo scientifico? Forse dipende dal fatto che in molti casi, in tutti gli ordini di istruzione, si potrebbe lavorare con maggiore focus sui processi che sottendono le acquisizioni scientifiche piuttosto che sulla conoscenza delle singole nozioni. Forse ha però anche a che fare con il fatto che davanti alla scienza la nostra vita appaia quasi sempre insignificante: ciascuno di noi sulla Terra, da un punto di vista strettamente scientifico, è come un granello di sabbia sulla spiaggia: è solo un numero. La scienza scavalca il nostro egocentrismo e questo probabilmente la rende così "spaventosa" e apparentemente distante. Soprattutto le risposte che la scienza offre (sempre risposte momentanee) spesso ci chiedono di uscire dalla nostra zona di comfort. Ovvero confrontarci con la complessità e con il diverso. Un confronto aperto al cambiamento di sguardo e di convinzioni è da sempre faticoso, per il mondo adulto. Per i bambini molto meno. Per questo l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo può e deve diventare ottima occasione di allenamento per grandi e piccoli alla curiosità, di esercizio al confronto continuo per irrobustire l’attitudine al cambiamento di sguardo, alla possibilità di interrogarci e lasciarci stupire da dati inattesi.

Per approfondire

Da usare con i bambini

Per aggiornarsi e fare un “ripasso” generale degli ultimi 6 mesi

  • Barbara Gallavotti: giornalista e divulgatrice scientifica (fa parte stabilmente dello staff di Piero e Alberto Angela), biologa, che in primavera è stata un punto fisso della trasmissione “Di Martedì”, su la7 con una ventina di ottimi interventi. 
  • Sergio Pistoi, genetista, ex ricercatore, ora divulgatore: sul suo blog www.rockscience.it ha seguito e continua a seguire la pandemia con video molto chiari (non adatti alla scuola primaria, ma utili per gli insegnanti).
  • Enrico Bucci: biologo esperto di epidemiologia e modelli matematici. Nel suo sito Cattivi Scienziati.com ha scritto in modo estensivo sul tema del covid-19, soprattutto andando a confrontare le affermazioni pseudoscientifiche dei giornali con le fonti e smentendo le dichiarazioni avventate di medici un po’ troppo frettolosi nelle esternazioni. Interessanti le sue puntualizzazioni sull’andamento del contagio. Da seguire anche la sua pagina Facebook, più dedicata alla stretta attualità.
  • Scienza in rete” è una vera e propria rivista scientifica di divulgazione online, gratuita e scritta da scienziati assistiti da giornalisti e divulgatori: www.scienzainrete.it
  • Valide anche le inchieste e gli articoli pubblicati sul coronavirus da “Valigia Blu”, testata online indipendente e autofinanziata, che ha dedicato una sezione del sito proprio all’emergenza sanitaria.
  • Analogamente validi i contributi de “Linkiesta”, “Wired” e “Il Post”.
  • Infine segnalerei il podcast di Valeria Cagno, giovane e competente scienziata esperta di virologia che ha prodotto una serie di interventi audio, raccolti nella serie “PazienteZero”.
Back to School: risorse didattiche per la Scuola primaria

Accedi alla sezione Back to School - Scuola primaria da cui puoi scaricare i materiali citati, pronti da condividere con la tua classe: test d'ingresso in formato Word, video e racconti inediti per ricominciare insieme.

Vai alla sezione >>

 

Andrea Vico è giornalista e divulgatore scientifico; docente di Science Communication all’Università di Torino e formatore nell’ambito del giornalismo scientifico, da trent’anni racconta la scienza ai ragazzi attraverso libri, laboratori didattici, mostre interattive per musei e festival della scienza. È consulente e autore per Pearson Editore.

Ti è piaciuto l’articolo?