È così importante che gli alunni di oggi spendano energie e tempo per dedicarsi all’apprendimento della scrittura manuale?
In fondo sono i figli della generazione digitale, utilizzano precocemente con apparente maestria tutte quelle nuove tecnologie che arricchiscono l’offerta formativa delle scuole, ma che impoveriscono la motricità fine degli studenti, strumenti che sostituiscono carta e penna con tastiere che necessitano di una sempre più leggera pressione su tasti sempre più virtuali e sempre meno palpabili.
Per non parlare dell’assoluta mancanza di quei giochi che un tempo vedevano i bambini misurarsi con le proprie abilità ad arrampicarsi, a correre, a saltare in compagnia di amici anche più grandi che spostavano i limiti oltre le possibilità dei più piccoli.
Oggi durante il tempo libero, che poi libero non è, si propongono sport e/o attività artistiche sempre mediate dall’adulto e spesso in piccoli gruppi di coetanei, anche il gioco al parco o le feste di compleanno si svolgono sotto l’occhio attento, vigile e direttivo del genitore o dell’animatore, togliendo così ai bambini la libertà di organizzare e condurre il gioco senza l’interferenza degli adulti.
Per questo la scuola, che occupa la maggior parte della giornata dei più piccoli, deve offrire maggiori occasioni di apprendere “attraverso il corpo”.
Io, insegnante e rieducatrice della grafia, nonostante riconosca la valenza della videoscrittura, ho scritto queste mie considerazioni prima a mano, ho voluto vedere la traccia dei miei pensieri, ho voluto pensare a ogni singola lettera, ho conservato le parole che ho poi deciso di non trascrivere, dando un valore ai miei errori.
Ho scritto in corsivo e così, non staccando la mano dal foglio, anche i miei pensieri, le mie idee sono affiorate in modo fluido, lineare.
Numerose ricerche nel campo delle neuroscienze e della psicologia dimostrano che la scrittura manuale favorisce la memoria, il pensiero critico, l’autodisciplina, la concentrazione, la creatività e la fiducia in sé stessi, avvalorando l’importanza di un apprendimento attivo del corsivo. E dunque, per quanto possa sembrare anacronistico, risulta fondamentale che la scuola dia il giusto spazio all’interno delle proprie attività a questa pratica apparentemente antica.
La scrittura è un atto di motricità fine molto complesso, che interessa tutto il corpo, pertanto non può essere lasciata alla spontaneità, va educata e allenata programmando un percorso mirato e consapevole che preveda strategie adottate da tutti gli insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria e che coinvolga le famiglie.
Da non sottovalutare la scelta dei materiali (quaderni, matite, penne…) per favorire la buona riuscita del tratto grafico, per motivare il bambino alla ricerca del gusto estetico e incentivarne l’impegno. A tal proposito con i miei bambini di classe prima ho scelto accuratamente il formato dei quaderni, adatto alle loro dimensioni e non a quelle delle fotocopie da incollare; ho sperimentato, con successo, l’uso della penna stilografica che, a mio avviso, favorisce la corretta impugnatura, permette un tratto fluido e non richiede l’innaturale pressione delle inflazionate penne cancellabili che sollevano dalla responsabilità di concentrarsi e impegnarsi adeguatamente (ovviamente non ho svelato loro l’esistenza del cancellino per stilografiche).
Con un’adeguata formazione e suggerimenti di esperti, tutti i docenti dovrebbero inserire nelle discipline curricolari innumerevoli attività a supporto di un percorso mirato all’acquisizione di una grafia efficace e riconoscere in tempo eventuali segnali di difficoltà grafo-motorie per potenziare le abilità carenti, prima di sostituirle con strumenti compensativi o misure dispensative; la tecnologia deve potenziare le abilità dell’uomo, non reprimerle sostituendole anticipatamente e senza reali necessità. Nei primi due anni della scuola primaria bisogna tener conto della fisiologica fatica del nuovo apprendimento e dello sforzo di riprodurre il modello convenzionale, ma già dal terzo anno l’insegnante può iniziare a valutare le criticità persistenti, non confondendo l’apparente originalità, possibile solo dopo aver interiorizzato i caratteri prestabiliti (dai 12 anni in poi), col tentativo di schivare difficoltà motorie. Sarà quindi necessario osservare se l’impugnatura e la postura sono funzionali ad un’adeguata velocità di scrittura e a un dispendio ragionevole di energie, se le lettere vengono tracciate correttamente, rendendo così chiaramente leggibile a sé e agli altri ciò che si scrive. Solo a quel punto, se le difficoltà persistono nonostante le diverse strategie adottate, è necessario consigliare ai genitori la consultazione di uno specialista con un eventuale conseguente percorso di rieducazione del gesto grafico.
Così facendo, con la giusta attenzione e preparazione, si arriverà a ridurre quell’alta percentuale di disgrafia presente oggi in tutti gli ordini di scuola, favorendo l’utilizzo di questo strumento utile e prezioso e dispensando sempre meno alunni; “educare per non rieducare”.
Concludendo, ammetto che mi spiace che non possiate vedere la mia grafia perché avreste un elemento importante della mia personalità, come se mi vedeste camminare o mi sentiste parlare e, oltre al mio sforzo di scrivere in modo a voi comprensibile, ci sarebbe il vostro di decifrare la mia scrittura, originando così una relazione volta alla reciproca comprensione… altro “potere” da non sottovalutare dello scrivere in corsivo!
Sullo stesso argomento vedi anche i numeri 52, 54, 55 di Pearson Primary Times, consultabili e scaricabili gratuitamente.