Che io possa essere felice... a scuola

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La scuola, un posto dove star bene!

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La felicità non è un concetto astratto, essere felici si può. Anche a scuola! La scuola come porto sicuro, luogo accogliente e di ascolto diventa anche una scuola più efficace, perché non può esserci apprendimento quando c’è malessere.

di Laura Papetti

Questo articolo è stato redatto sotto la supervisione di Kathleen De Lille, psicologa e psicoterapeuta ad orientamento sistemico relazionale, istruttrice MBSR Mindfulness Based Stress Reduction e Istruttrice di Protocolli Mindfulness Based per docenti e alunni, centro TenerAmente Mindfulness, Vimercate (MB). “Che tu possa essere felice” è l’augurio che ogni genitore e ogni educatore ha pensato o espresso almeno una volta nella vita a chi, in crescita, ha davanti a sé un’intera vita.

 

“Che io possa essere felice”, May I be happy, è invece il titolo originale (nella versione italiana poi mutato in Be happy – La mindfulness a scuola) di uno straordinario film-doc americano sull’introduzione delle pratiche di mindfulness in alcune scuole di diversi tipologia e grado.

Ma facciamo un passo indietro. La scuola è da sempre il luogo in cui i bambini si incontrano, si frequentano, si confrontano in modo mediato o diretto, si sfidano nella destrezza del corpo e nella messa in atto delle proprie capacità, a volte condividono risate divertite e altrettante volte condividono tristezze, fallimenti, malinconie.
Se dunque la scuola è fulcro di importanti e stringenti relazioni, dove le emozioni sono tante e spesso intense, necessariamente la scuola è anche luogo sul quale convergono conflitti, preoccupazioni, paure non espresse altrove, fatiche che non hanno altro luogo dove essere esplicitate.

Sta a chi nella scuola educa allestire gli scenari appropriati perché ogni bambino possa approdare a scuola come in un porto sicuro dove, nonostante l’eventuale maltempo, si possa attraccare.
E sta ancora a chi educa stabilire un clima in cui prendersi davvero cura delle relazioni, non solo quando viaggiano leggere, ma anche quando hanno bisogno di ascolto profondo e amorevolezza.
Senza ascolto profondo e amorevolezza infatti tutte le strategie, le pianificazioni didattiche, le unità di apprendimento personalizzate, gli episodi di apprendimento situato, i moduli intensivi, i compiti autentici, le attività differenziate, ecc. diventano cosa fragile e spesso inconsistente.

L’invito è prima di tutto a noi insegnanti, allora, a curarci meglio di noi stessi, in primo luogo perché ce lo meritiamo come persone, e poi perché solo così avremo la capacità di vedere le necessità dei nostri alunni e comprendere in quale modo sostenerli al meglio nel loro cammino di crescita.
Se la scuola – la classe, il gruppo – diventa per loro un ambiente sicuro, dove possono accadere anche fraintendimenti e incomprensioni ma alla base c’è una fiducia reciproca, sarà bello sapere che – qualunque cosa accada – a scuola c’è sempre modo di “ricominciare”, riparare, riorganizzarsi e andare avanti. In un gruppo di amici tra i quali stiamo in fiducia anche le critiche, le preoccupazioni, le “cadute” e gli errori non vengono esasperati ma accettati, recepiti, visti come fragilità, ammorbiditi.

Oggi l’intera nostra società soffre di tachicardia, vive dentro un tempo affrettato e sincopato, fatto di rapide accelerate e poi frenate brusche. Anche noi insegnanti siamo bersagliati da una moltitudine di incombenze e possibilità che a volte fatichiamo a gestire. Non possiamo aspettarci quindi che i bambini sappiano chiudere fuori dalla classe la fretta, la confusione e il disagio in un contesto che non lascia tempi di attesa, di riflessione, di vuoto e sedimentazione.
La mindfulness, una pratica di “presenza mentale” di antichissima tradizione (di origini buddiste, poi diffusa e largamente adottata nella sua valenza laica negli Stati Uniti e in Europa), è uno strumento straordinario per aumentare anche nei più piccoli la capacità di promuovere la pace in se stessi e intorno a sé.

Si tratta di abituarci con loro a mettere in stand by quella velocità per un periodo, anche breve, in cui si riesca a fermarsi e provare a sentire ciò che accade qui e ora, e ancora prima sentire il nostro essere qui e ora, il nostro stare al mondo nel momento presente, con il nostro respiro, con il nostro corpo e il suo sentire, con la nostra mente che per sua natura tende a “saltare” avanti, nelle preoccupazioni del futuro, o a fare balzi indietro, a rimuginare gli accadimenti del passato, ma che può essere accompagnata a sostare invece con calma nel presente.
Quando riusciamo a fermarci e a fare posto alla consapevolezza, infatti, ci accorgiamo di avere la mente ricca, pronta, presente: è allora che fioriscono nuove prospettive, nuove energie per affrontare salite, nuove idee per stare anche nell’ambiente scolastico con le sue complessità con una presenza motivata e “intenzionante”.

Potremmo concludere dicendo che ci auguriamo che ad essere felici a scuola siano sempre più bambini e ragazzi, consapevoli del fatto che la felicità non coincide necessariamente con allegria o contentezza, ma è piuttosto un sentimento dolce, stabile, che dà equilibrio al nostro pensare e al nostro agire, che relativizza le difficoltà e i problemi e valorizza tutti gli slanci verso la costruzione di una società compartecipe, desiderosa di futuro, ma pronta a spendersi prima di tutto nel qui e ora.

Questi temi sono importanti nelle scelte editoriali e nella progettazione e scrittura dei libri Pearson, ed è in questo orizzonte di senso che pensiamo che anche gli strumenti con cui lavorano quotidianamente i bambini debbano “prendersi cura” degli aspetti non solo strettamente didattici ma anche educativi.

Nelle pubblicazioni Pearson dedicate alla Scuola primaria si possono trovare

Pagine in cui invitano i ragazzi a comprendere in modo concreto che cosa vuole dire inclusione

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Sezioni / rubriche dedicate al riconoscimento e alla consapevolezza della propria e altrui emotività

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Attività che mirano a un apprendere sempre più ancorato alle competenze sociali, vero cardine di un percorso di crescita sano e pieno

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Narrazioni / contesti / situazioni didattiche in cui la diversità viene esplicitata e mostrata come parte integrante della realtà di ciascuno di noi, in contrasto a fasulle omologazioni o inutili standardizzazioni perbeniste

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Elementi di riflessività, da giocare individualmente o collettivamente, sulle grandi questioni esistenziali

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Elementi di quella didattica del “fare” che incentiva una scuola partecipata e vissuta in modo attivo, personalmente e con i pari

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Laura Papetti è autrice e consulente editoriale per Pearson Italia. Attualmente insegna alla scuola primaria nella provincia di Monza e della Brianza. Ha insegnato per diversi anni inglese in scuole di diverso ordine e grado.

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