Una questione attuale e trasversale
Il tema del cambiamento climatico è ormai di dominio pubblico e sulla bocca di tutti, è posto come riferimento dei piani programmatici di governi e commissioni comunitarie ed è ben specificato in uno dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’obiettivo della lotta al cambiamento climatico è peraltro in palese interconnessione con vari altri della stessa Agenda – per esempio la produzione di energia pulita e di cibo sostenibile o la tutela degli ecosistemi terrestri e acquatici – e si trova in un quadro di iniziative di ancor più ampi orizzonti, basti pensare ai decenni istituiti sull’educazione allo sviluppo sostenibile (2005-2014), per la lotta contro la desertificazione (2010-2020), a tutela della biodiversità (2011-2020), per l’energia sostenibile per tutti (2014-2024), a supporto dell’agricoltura familiare (2019-2028) e per il ripristino dell’ecosistema (2021-2030).
Il fenomeno del Climate Change consiste nel rapido sconvolgimento degli equilibri meteo-climatici locali come conseguenza ultima di alcune attività umane, in particolare dell’immissione di crescenti quantitativi di diossido di carbonio in atmosfera a seguito della massiccia combustione di carbone e idrocarburi finalizzata alla produzione di energia per sostenere l’evoluzione industriale e tecnologica degli ultimi 150 anni. Ciò ha determinato infatti un’accentuazione dell’effetto serra atmosferico con conseguente innalzamento delle temperature medie planetarie, generando il cosiddetto Global Warming; tale tendenza ha implicato la fusione dei ghiacci e l’innalzamento del livello marino, lo spostamento delle fasce climatiche verso maggiori latitudini con tropicalizzazione e talvolta desertificazione di regioni tradizionalmente temperate, l’alterazione delle correnti oceaniche e dei regimi pluviometrici locali e, spesso, l’aumento degli eventi meteorologici violenti.
Il ruolo del diossido di carbonio
Il punto cardine del fenomeno è, come detto, la produzione di CO2 a seguito della combustione di carbone, derivati del petrolio e gas metano che è stata effettuata in modo crescente per esigenze energetiche: l’uso di queste fonti è cresciuto di venti volte nel corso del XX secolo e tutt’oggi i combustibili fossili sostengono l’80% del fabbisogno energetico globale. Leggermente più incoraggiante è l’analisi delle fonti per produrre energia elettrica (che costituisce però meno di un quarto dell’energia complessiva), infatti in questo caso i combustibili fossili coprono “solo” i due terzi del fabbisogno globale.
Il CO2 in atmosfera è così aumentato da 280 ppm (parti per milione) di metà Ottocento a oltre 410 ppm attuali, perciò con una crescita che sfiora il 50%. Chiunque può comprendere che un aumento di tale entità debba aver determinato effetti notevoli, infatti il carbonio estratto dai giacimenti è stato trasferito come CO2 in atmosfera andando ad accentuare l’effetto serra, che è la proprietà di alcuni gas di assorbire le radiazioni infrarosse in uscita verso lo spazio. L’effetto serra (Greenhouse effect) naturale terrestre è in sé un fatto molto positivo, sia perché mantiene il sistema terrestre a temperature medie gradevoli e compatibili con la vita (cioè oltre 30 °C superiori a quelle che si avrebbero senza di esso) sia perché limita notevolmente le escursioni termiche giornaliere e stagionali (basti pensare che sulla Luna, che riceve sostanzialmente lo stesso flusso di energia solare, la temperatura oscilla indicativamente da +150 °C a -150 °C).
Clima e tempo
Il clima di ogni luogo è l’equilibrio che si instaura nella relazione tra la radiazione solare al variare delle stagioni, la circolazione atmosferica, le correnti oceaniche, i flussi delle acque continentali, i suoli e gli ecosistemi. Il clima non va confuso con il tempo, che è invece la specifica condizione meteorologica di un luogo per un ristretto periodo; certamente però il tempo meteorologico di un luogo è interconnesso con il clima; in altre parole “il clima è come il carattere, il tempo è l’umore”!
Ogni clima è rappresentato da un diagramma con i valori di temperature e precipitazioni medie mensili, i quali devono essere definiti basandosi su rilevazioni di almeno un trentennio. I vari climi possono essere inoltre rappresentati su una carta e, come accade per la maggior parte dei fenomeni, a mano a mano che si prova a rappresentare settori più ristretti (ossia su carte a grande scala) emergono differenze e dettagli che non si notavano nelle rappresentazioni di settori estesi (cioè su carte a piccola scala).
Gli equilibri climatici variano in tempi millenari innanzi tutto in conseguenza della variazione di alcune caratteristiche astronomiche terrestri (l’eccentricità dell’orbita, l’inclinazione dell’asse di rotazione e il suo cosiddetto moto doppio conico); queste variazioni sono lente e dalla loro combinazione dipende l’alternanza di fasi glaciali e interglaciali. L’ultima fase glaciale ha avuto la sua massima espansione circa 18.000 anni fa e, da allora, i climi sono andati generalmente mitigandosi; ma il cambiamento climatico antropogenico non ha nulla a che fare con quella lenta tendenza naturale e ne ha costituito invece una rapida evoluzione dalle conseguenze imprevedibili. I modelli recenti, infatti, indicano con una probabilità del 90% che la temperatura media planetaria aumenterà di oltre 3 °C nel XXI secolo.
Una rivoluzione delle attività umane
Oltre alla combustione di carbone e idrocarburi vi sono numerose altre cause che aggravano il riscaldamento globale: la diffusa deforestazione e gli incendi, le estese attività di agricoltura e allevamento intensivi, le perdite di metano in atmosfera nelle fasi di estrazione e trasporto. Tutto ciò spiega perché il prossimo futuro debba obbligatoriamente essere accompagnato da una vera e propria rivoluzione delle attività umane, in particolare in relazione alla produzione energetica, a mobilità e trasporti, alle pratiche agro-zootecniche.
L’approvvigionamento energetico dovrà dipendere in modo crescente da fonti rinnovabili: innanzi tutto intercettando in ogni modo l’energia di origine solare, direttamente con pannelli per riscaldamento e produzione di elettricità o indirettamente sfruttando i movimenti dell’acqua (energia idraulica) e del vento (energia eolica). Inoltre, può essere ben intercettato anche il calore interno della crosta terrestre a ridotta profondità; fluidi così scaldati (dal Sole o nella crosta) possono poi essere compressi con pompe di calore per aumentarne ulteriormente la temperatura ed essere utilizzati per il riscaldamento degli edifici; le stesse pompe di calore dovrebbero essere alimentate da energia elettrica generata da pannelli fotovoltaici e conservata in accumulatori (batterie).
Il futuro prossimo ci aspetta inoltre con l’idrogeno: questo gas (H2) deve essere prodotto dall’acqua attraverso il processo dell’elettrolisi, che implica dispendio energetico e perciò deve essere sostenuto da fonti rinnovabili; l’idrogeno può essere utilizzato in veicoli dotati di marchingegni chiamati celle a combustibile che hanno alta efficienza di lavoro, non danno combustione funzionando in pratica similmente a batterie e liberano solamente vapore d’acqua.
Obiettivi per il futuro prossimo
Per il prossimo futuro sono stati fissati alcuni obiettivi di transizione energetica molto ambiziosi, in riferimento al 2030 e poi persino con l’ipotesi di una totale emancipazione dalle fonti fossili per il 2050. In Italia le fonti rinnovabili sostengono oggi quasi il 20% del fabbisogno energetico, con una quota prossima al 35% relativamente alla produzione di energia elettrica; gli impegni specificati nella SEN (strategia energetica nazionale) indicano per il 2030, rispettivamente, quote del 27% sul fabbisogno totale e di oltre il 50% per la produzione di energia elettrica, ma è ormai diffusa convinzione tra gli esperti che una volta intrapresa una corretta strada di conversione generale tali obiettivi potranno essere ulteriormente innalzati.